Salario, Prezzo e Profitto
Karl Marx
(versione ipertestuale a c. Pdci-Cento - cfr. tr. di Palmiro Togliatti in http://www.filosofico.net/salario.htm)
Se
dal valore di una merce togliamo il valore delle materie prime e degli altri
mezzi di produzione impiegati in essa, cioè se togliamo il valore che
rappresenta il lavoro passato in essa contenuto, il valore che rimane si riduce
alla quantità di lavoro aggiunto
dall'operaio che ha lavorato per ultimo. Se questo operaio lavora giornalmente
dodici ore, se dodici ore di lavoro medio si cristallizzano in una quantità
di oro eguale a sei scellini, questo valore addizionale di sei scellini
É l'unico valore che il suo lavoro avrà prodotto.
Questo valore determinato dal tempo di lavoro É l'unico fondo dal quale sia
l'operaio che il capitalista possono trarre la loro parte o quota rispettiva,
l'unico valore che deve essere ripartito in salari e profitti.
evidente che questo valore stesso non viene modificato dal diverso
rapporto secondo il quale esso può venir ripartito fra le due parti. Inoltre,
nulla sarà mutato se invece di un
operaio considereremo l'intera popolazione operaia, e invece di una giornata di
lavoro considereremo, poniamo, dodici milioni di giornate di lavoro.
Poiché
il capitalista e l'operaio hanno da suddividersi solo questo valore limitato, cioè
il valore misurato dal lavoro totale dell'operaio, quanto più riceve l'uno,
tanto meno riceverà l'altro, e
viceversa. Siccome non esiste che una quantità , una parte aumenterà
nella stessa proporzione in cui l'altra diminuisce. Se i salari cambiano,
il profitto cambierà in direzione
opposta. Se i salari diminuiscono, aumenteranno i profitti; se i salari
aumentano, i profitti diminuiranno. Se l'operaio, come abbiamo supposto
precedentemente, riceve tre scellini, la metà del
valore che egli ha creato, o se la intera giornata di lavoro consiste per metà
in lavoro pagato e per l'altra metà in
lavoro non pagato, il saggio del profitto sarà del
100 per cento, perché il capitalista riceverà tre
scellini. Se l'operaio riceve solo due scellini, cioè lavora per s‚ solo un
terzo della giornata, il capitalista riceverà quattro
scellini e il saggio del profitto sarà del
200 per cento. Se l'operaio riceve quattro scellini, il capitalista ne riceverà
solo due e il saggio del profitto cadrà allora
al 50 per cento; ma tutte queste variazioni non esercitano nessuna influenza sul
valore della merce.
Un
aumento generale dei salari provocherebbe dunque una caduta del saggio generale
del profitto, ma non eserciterebbe nessuna influenza sul valore.
Sebbene
i valori delle merci, che debbono regolare in ultima analisi il loro prezzo di
mercato, vengono determinati unicamente dalla quantità
complessiva del lavoro in esse cristallizzato, e non dalla ripartizione
di questa quantità in lavoro pagato e in
lavoro non pagato, non ne deriva affatto che i valori di singole merci o di un
certo numero di merci che vengono
prodotte, per esempio, in dodici ore, restino costanti. Il numero o la massa di
merci prodotte in un determinato tempo di lavoro e con una determinata quantità
di lavoro, dipende dalla forza produttiva del lavoro impiegato per la
loro fabbricazione, e non dalla sua estensione o dalla sua durata.
Con
un determinato grado di forze produttive del lavoro di filatura, per esempio,
con una giornata di lavoro di dodici ore si producono dodici libbre
di filo; con un grado inferiore di forze produttive soltanto due libbre.
Quindi,
se nel primo caso dodici ore di lavoro medio sono incorporate in
un valore di sei scellini, le dodici libbre di filo costeranno sei
scellini; nell'altro caso, le due libbre di filo costeranno pure sei scellini.
Una libbra di filo costerà dunque sei
denari nel primo caso, e tre scellini nel secondo. La differenza di prezzo
sarebbe una conseguenza della differenza delle forze produttive del lavoro
impiegato. Nel caso della maggiore forza produttiva, in una libbra di filo
sarebbe incorporata un'ora di lavoro, mentre nel caso della minore forza
produttiva in una libbra di filo sarebbero incorporate sei ore di lavoro. Il
prezzo di una libbra di filo sarebbe, nel primo caso, soltanto di sei denari,
quantunque i salari siano relativamente alti e basso il saggio del profitto.
Nell'altro caso sarebbe di tre scellini, quantunque i salari siano bassi e alto
il saggio del profitto. E avverrebbe così perché
il prezzo della libbra di filo É determinato dalla quantità complessiva del
lavoro che essa contiene e non dal rapporto fra lavoro pagato e lavoro non
pagato in cui questa quantità complessiva
si scompone.
Il
fatto menzionato sopra, che il lavoro ben pagato può produrre merci a buon
mercato, e il lavoro mal pagato merci care, perde perciò la sua apparenza
paradossale. Esso É soltanto l'espressione della legge generale secondo cui il
valore di una merce É determinato dalla quantità
di lavoro in essa incorporata, ma che questa quantità
di lavoro dipende esclusivamente dalle forze produttive del lavoro
impiegato e perciò varia con ogni variazione della produttività
del lavoro.
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