Salario, Prezzo e Profitto
Karl
Marx
(versione ipertestuale a c. Pdci-Cento - cfr. tr. di Palmiro Togliatti in http://www.filosofico.net/salario.htm)
Il
nostro amico Weston fa suo il proverbio latino: "repetitio est mater
studiorum", cioè: la ripetizione é la madre dello studio, e perciò
ripete il suo dogma primitivo in una nuova forma, dicendo che la contrazione del
circolante provocata dall'aumento dei salari provocherebbe una diminuzione del
capitale, e così via. Avendo scartato le sue fantasticherie sul circolante,
penso che sia completamente inutile che mi soffermi sulle conclusioni
immaginarie che egli ritiene di poter dedurre dalla sua immaginaria catastrofe
del circolante. Passo quindi subito a ricondurre alla sua forma teorica più
semplice il suo dogma sempre uguale, che egli ripete in tante forme diverse.
L'assenza
di spirito critico con la quale egli tratta il suo argomento verrà resa
manifesta da una sola osservazione. Egli si oppone a un aumento dei salari,
oppure ad alti salari come risultato di un tale aumento. Ora, io gli domando: -
Che cosa sono gli alti salari, e che cosa sono dei bassi salari? Perché, per
esempio, cinque scellini la settimana sono considerati un salario basso, e venti
scellini un salario alto? Se cinque é basso in confronto a venti, venti é
ancora più basso in confronto a duecento. Se uno fa una conferenza sul
termometro e incomincia a declamare sui gradi alti e sui gradi bassi, non
insegna niente a nessuno. Egli deve incominciare con lo spiegarmi come vengono
determinati il punto di congelamento e il punto di ebollizione, e come questi
punti di paragone sono determinati da leggi della natura, e non dalla fantasia
dei venditori e dei fabbricanti di termometri. Ora, per quanto concerne i salari
e i profitti, il cittadino Weston non solo ha trascurato di derivare dalle leggi
economiche siffatti punti fondamentali, ma non ha nemmeno sentito la necessità
di ricercarli.
Egli
si é accontentato di fare le sue espressioni correnti di alto e basso, come se
esse avessero un significato immutabile, quantunque sia del tutto evidente che i
salari possono dirsi alti o bassi soltanto in rapporto a una misura sulla base
della quale viene calcolata la loro grandezza.
Egli
non sarà in grado di dirmi perché una determinata somma di denaro viene pagata
per una determinata quantità di lavoro. Se egli mi rispondesse:
-
La cosa viene fissata dalla legge della offerta e della domanda, - allora gli
domanderei subito da quale legge sono regolate a loro volta l'offerta e la
domanda. E una tale replica lo metterebbe subito fuori combattimento.
I
rapporti fra la domanda e l'offerta del lavoro subiscono variazioni continue, e
insieme con essi variano i prezzi di mercato del lavoro. Se la domanda supera
l'offerta, i salari salgono, se l'offerta supera la domanda, i salari cadono,
quantunque in tali circostanze sarebbe necessario saggiare lo stato reale della
domanda e dell'offerta, con uno sciopero, per esempio, o con qualunque altro
metodo. Ma se considerate la domanda e l'offerta come la legge che regola i
salari, declamare contro un aumento dei salari sarebbe altrettanto puerile
quanto inutile, poiché secondo la legge suprema che voi invocate un aumento
periodico dei salari é tanto necessario e giustificato quanto una loro
periodica caduta. Ma se voi non considerate la domanda e l'offerta come la legge
che regola i salari, vi ripeto ancora una volta la domanda: - Perché per una
determinata quantità di lavoro viene corrisposta una determinata somma di
denaro? Ma consideriamo la cosa in modo più vasto. Commettereste un grave
errore se ammetteste che il valore del lavoro o di qualsiasi altra merce é
determinato, in ultima analisi, dall'offerta e dalla domanda. La domanda e
l'offerta non regolano altro che le oscillazioni temporanee dei prezzi sul
mercato.
Esse
vi spiegheranno perché il prezzo di mercato di una merce sale al di sopra o
cade al di sotto del suo valore, ma non vi possono mai spiegare questo valore.
Supponiamo che la domanda e l'offerta si facciano equilibrio o, come dicono gli
economisti, si coprano reciprocamente. Nel momento stesso in cui queste forze
contrapposte sono ugualmente forti, esse si elidono reciprocamente e cessano di
agire in una direzione o nell'altra. Nel momento in cui domanda e offerta si
fanno equilibrio e perciò cessano di agire, il prezzo di mercato di una merce
coincide con il suo valore reale, con il prezzo normale, attorno al quale
oscillano i suoi prezzi di mercato.
Se
indaghiamo la natura di questo valore, non abbiamo niente che fare con gli
effetti temporanei della domanda e dell'offerta sui prezzi di mercato.
Lo
stesso vale per i salari e per i prezzi di tutte le altre merci.
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