Salario, Prezzo e Profitto
Karl Marx
(versione ipertestuale a c. Pdci-Cento - cfr. tr. di Palmiro Togliatti in http://www.filosofico.net/salario.htm)
Produzione
e salari
Il
ragionamento del cittadino Weston poggia di fatto su due premesse:
Ora,
la sua prima asserzione é evidentemente errata. Voi troverete che il valore e
la massa della produzione aumentano di anno in anno, che le forze produttive del
lavoro nazionale aumentano, e che la quantità di denaro necessaria per la
circolazione di questa produzione accresciuta cambia
continuamente.
Ciò che é vero alla fine dell'anno e per diversi anni confrontati fra di loro,
é vero anche per ogni giorno medio dell'anno. La massa o grandezza della
produzione nazionale cambia continuamente. Essa non é una grandezza costante,
ma una grandezza variabile; e, pur facendo astrazione dalle variazioni della
popolazione, non potrebbe non essere così, grazie al mutamento continuo
dell'accumulazione di capitale e delle forze produttive del lavoro.
Assolutamente
giusto che se oggi si verificasse un aumento del livello generale dei salari,
questo
solo fatto non muterebbe immediatamente la massa della produzione, qualunque
potesse essere il suo effetto ulteriore. Essa partirebbe anzitutto dallo stato
di cose esistente. Ma se la produzione nazionale era variabile e non costante
prima dell'aumento dei salari, essa continuerà a essere variabile e non
costante anche dopo l'aumento dei salari.
Ammettiamo
pure, però, che la massa della produzione nazionale sia costante e non
variabile. Anche in questo caso quella che il nostro amico Weston considera come
una conclusione logica rimarrebbe una affermazione infondata.
Se
ho un numero determinato, per esempio 8, i limiti assoluti di questo numero non
impediscono alle sue parti di mutare i loro limiti relativi.
Se
i profitti sono eguali a 6 e i salari sono eguali a 2, i salari possono salire a
6 e i profitti scendere a 2; il totale rimane sempre 8. Dunque la invariabilità
della massa della produzione non proverebbe affatto l'immutabilità
dell'ammontare dei salari. In quale modo il nostro amico Weston dimostra questa
immutabilità? Affermandola.
Ma
anche se si accetta come giusta la sua affermazione, essa dovrebbe agire in due
direzioni, mentre egli la fa operare da un lato solo. Se l'importo dei salari é
una grandezza costante, esso non può venire n‚ aumentato n‚ diminuito. Se
gli operai agiscono dunque insensatamente imponendo un aumento passeggero dei
salari, non meno insensatamente agirebbero i capitalisti imponendo loro una
temporanea diminuzione. Il nostro amico Weston non nega che in determinate
circostanze gli operai possano strappare degli aumenti di salario; ma, poiché‚
l'importo dei salari é di sua natura fisso, all'aumento deve seguire una
reazione. Egli sa però anche, d'altra parte, che i capitalisti possono imporre
una diminuzione dei salari, e tentano di farlo, infatti, di continuo. Secondo il
principio della immutabilità dei salari, la reazione dovrebbe verificarsi in
questo caso non meno che nel caso precedente. Gli operai agirebbero dunque
giustamente, insorgendo contro il tentativo di diminuire i salari o contro la
loro diminuzione effettiva. Essi agirebbero dunque giustamente quando cercano di
strappare un aumento di salario, perché‚ ogni reazione contro una diminuzione
dei salari é un'azione per aumentarli.
Dunque,
secondo la stessa teoria del cittadino Weston, secondo la teoria, cioè,
dell'immutabilità dei salari, gli operai dovrebbero, in certe circostanze,
unirsi e lottare per ottenere un aumento dei salari.
Se
egli nega questa conclusione, egli deve rinunciare alla premessa da cui essa
scaturisce. Egli non deve dire che l'ammontare dei salari é una grandezza
costante, ma deve dire che esso, benché‚ non possa e non debba salire, più e
deve cadere, ogni qualvolta piaccia al capitale di abbassarlo.
Se
al capitalista piace nutrirsi di patate anziché‚ di carne, di farina d'avena
anziché‚ di grano, dovete accettare la sua volontà come una legge
dell'economia politica, e sottomettervi ad essa. Se in un paese il livello dei
salari é più elevato che in un altro, negli Stati Uniti, per esempio, più che
in Inghilterra, dovete spiegarvi questa differenza del livello dei salari come
una differenza tra la volontà del capitalista americano e quella del
capitalista inglese, metodo questo che semplificherebbe molto lo studio non solo
dei fenomeni economici, ma di tutti gli altri fenomeni in generale.
Ma
anche in questo caso potremmo chiedere: perché‚ la volontà del capitalista
americano é diversa da quella del capitalista inglese? E per rispondere a
questa domanda dovete uscire dal campo della volontà. Un prete mi può
raccontare che Dio vuole una cosa in Francia, un'altra in Inghilterra.
Se
insisto perché‚ mi spieghi la dualità di questa volontà, egli potrebbe
avere la faccia tosta di rispondermi che Dio vuole avere una volontà in Francia
e una diversa volontà in Inghilterra. Ma il nostro amico Weston é certamente
l'ultimo a fare un argomento di una simile negazione completa di ogni
ragionamento.
La
volontà del capitalista consiste certamente nel prendere quanto più é
possibile. Ciò che noi dobbiamo fare non é di parlare della sua volontà, ma
di indagare la sua forza, i limiti di questa forza e il carattere di questi
limiti.