Salario, Prezzo e Profitto
Karl Marx
(versione ipertestuale a c. Pdci-Cento - cfr. tr. di Palmiro Togliatti in http://www.filosofico.net/salario.htm)
2
. Produzione,
salari, profitti
La
conferenza che il cittadino Weston ci ha letto avrebbe potuto essere compressa
in un guscio di noce.
Tutta
la sua argomentazione conclude a questo: - se la classe operaia costringe la
classe capitalista a pagarle, sotto forma di salario in denaro, cinque scellini
invece di quattro, il capitalista gli darà in cambio, sotto forma di merci, il
valore di quattro scellini invece di cinque. La classe operaia dovrebbe allora
pagare cinque scellini ciò che essa comperava con quattro scellini prima
dell'aumento del salario. E perché questo? Perché il capitalista per cinque
scellini dà soltanto il valore di quattro scellini? Perché lo ammontare dei
salari é fisso. Ma perché é esso fissato al valore di quattro scellini di
merci? Perché non a tre, o a due, o a qualunque altra somma? Se il limite
dell'ammontare dei salari é stabilito da una legge economica, indipendente sia
dalla volontà dei capitalisti come dalla volontà degli operai, la prima cosa
che il cittadino Weston avrebbe dovuto fare era di esporre questa legge e di
provarla. Inoltre egli avrebbe dovuto dimostrare che l'ammontare dei salari
realmente pagato corrisponde sempre, in ogni momento, al necessario ammontare
dei salari, e non se ne discosta mai.
Se
d'altra parte il limite dato dall'ammontare dei salari dipende unicamente dalla
volontà del capitalista o dai limiti della sua ingordigia, in tal caso si
tratta di un limite arbitrario. Esso non ha in sé nulla di necessario.
Esso
può venire modificato dalla volontà del capitalista, e può quindi venire
modificato anche contro la sua volontà.
Il
cittadino Weston ha illustrato la sua teoria, raccontando che se una zuppiera
contiene una determinata quantità di minestra, che deve essere mangiata da un
determinato numero di persone, un aumento della grandezza dei cucchiai non
porterebbe a un aumento della quantità della minestra.
Egli
mi permetterà di trovare che questa illustrazione
é fatta un po' col cucchiaio. Essa mi ha ricordato l'apologo di cui si é
servito Menenio Agrippa. Quando i plebei romani fecero sciopero contro i patrizi
romani, il patrizio Agrippa raccontò loro che la pancia patrizia nutre le
membra plebee del corpo politico. Agrippa non riuscì però a dimostrare che le
membra di un uomo si nutrono quando si riempie la pancia di un altro. Il
cittadino Weston ha dimenticato, a sua volta, che la zuppiera nella quale
mangiano gli operai é riempita dell'intero prodotto del lavoro nazionale e che
ciò che impedisce loro di prenderne di più, non é né la piccolezza della
zuppiera, né la scarsità del suo contenuto, ma é soltanto la piccolezza dei
loro cucchiai.
Con
quale artifizio il capitalista é in condizione di dare per cinque scellini il
valore di quattro scellini? Con l'aumento del prezzo delle merci che egli vende.
Ma l'aumento dei prezzi e, in generale, la variazione di prezzi delle merci, i
prezzi delle merci insomma, dipendono essi dalla sola volontà del capitalista?
Oppure é necessario il concorso di determinate circostanze perché questa
volontà si realizzi? Se non É così, gli alti e bassi, le incessanti
fluttuazioni dei prezzi di mercato diventano un enigma insolubile.
Poiché
ammettiamo che non si é prodotto assolutamente nessun cambiamento, né delle
forze produttive del lavoro, né nella quantità del capitale e di lavoro
impiegati, o nel valore del denaro in cui viene espresso il valore dei prodotti,
ma si é prodotta soltanto una variazione nel livello dei salari, - in quale
modo questo aumento dei salari ha potuto esercitare una influenza sui prezzi
delle merci? Unicamente influendo sul rapporto concreto tra la domanda e
l'offerta di queste merci.
E'
un fatto incontestabile che la classe operaia, considerata nel suo insieme,
spende e deve spendere tutto il suo salario in oggetti di prima necessità.
Un
aumento generale dei salari provocherebbe dunque un aumento delle domande di
oggetti di prima necessità e, conseguentemente, un aumento dei loro prezzi di
mercato. I capitalisti che producono questi oggetti di prima necessità, con
l'aumento dei prezzi di mercato delle loro merci sarebbero compensati
dall'aumento dei salari. Ma che ne é degli altri capitalisti, che non producono
oggetti di prima necessita? E non si tratta, potete crederlo, di un piccolo
numero. Se pensate che due terzi della produzione nazionale sono consumati da un
quinto della popolazione, - anzi, un membro della Camera dei comuni ha calcolato
recentemente che si tratta solo di un settimo della popolazione -, comprenderete
quale immensa parte della produzione nazionale deve essere costituita da oggetti
di lusso, o deve essere scambiata con articoli di lusso, e quale enorme massa di
oggetti di prima necessità viene sciupata per lacché, cavalli, gatti e così
via; uno spreco che, come l'esperienza ce lo indica, subisce sempre una forte
diminuzione quando aumentano i prezzi degli oggetti di prima necessità.
Ora,
in quale situazione si verranno a trovare quei capitalisti che non producono
oggetti di prima necessità? Essi non potrebbero rivalersi della caduta del
saggio del profitto, conseguente all'aumento generale dei salari, con un aumento
dei prezzi delle loro merci, perché la domanda di queste merci non sarebbe
aumentata. Il loro reddito diminuirebbe, e di questo reddito diminuito essi
dovrebbero spender di più per la stessa quantità di oggetti di prima necessità
ma a più alto prezzo. E non sarebbe ancora tutto. Essendo diminuito il loro
reddito, essi potrebbero spendere di meno anche per oggetti di lusso, e quindi
diminuirebbe la domanda reciproca delle loro merci rispettive. Come conseguenza
di questa contrazione della domanda, i prezzi delle loro merci cadrebbero. Perciò
in questi rami di industria il saggio del profitto cadrebbe non soltanto in
rapporto diretto all'aumento generale del livello dei salari, ma in rapporto
all'azione combinata dell'aumento generale dei salari, all'aumento dei prezzi
degli articoli di prima necessità e della caduta dei pezzi degli oggetti di
lusso.
Quale
sarebbe la conseguenza di questa differenza nei saggi di profitto dei capitali
impiegati nei differenti rami di industria? Certo, la stessa conseguenza che si
verifica ogni volta che per un motivo qualsiasi si producono differenze nel
saggio di profitto nei diversi campi della produzione. Capitale e lavoro si
sposterebbero dai rami meno remunerativi a quelli più remunerativi; e questo
processo di spostamento durerebbe sino a tanto che l'offerta in un ramo
d'industria fosse salita proporzionalmente alla maggiore domanda, fosse caduta
negli altri rami in ragione della domanda minore. Una volta compiuto questo
cambiamento nei diversi rami dell'industria si ritornerebbe al saggio generale
del profitto. Poiché tutto questo spostamento aveva avuto origine da un
semplice mutamento intervenuto nel rapporto fra la domanda e l'offerta delle
varie merci, col cessare della causa dovrebbe cessare anche l'effetto, e i
prezzi dovrebbero ritornare al loro livello e al loro equilibrio primitivi. La
caduta del saggio del profitto, conseguente all'aumento dei salari, diventerebbe
così generale, invece di rimanere limitata solo ad alcuni rami di industria.
Secondo
la nostra supposizione, non si sarebbe verificato nessun mutamento n‚ nelle
forze produttive del lavoro, né nell'ammontare totale della produzione; quella
data massa di produzione avrebbe soltanto cambiato la sua forma.
Una
parte maggiore della produzione esisterebbe ora sotto la forma di oggetti di
prima necessità, una parte minore sotto la forma di oggetti di lusso, o, il che
é poi la stessa cosa, una parte minore verrebbe scambiata con merci di lusso
straniere e consumata nella sua forma originaria, o, il che é ancora la stessa
cosa, una parte minore verrebbe scambiata con merci di lusso straniere e
consumata nella sua forma originaria, o, il che é ancora la stessa cosa, una
parte maggiore della produzione indigena verrebbe scambiata con oggetti di prima
necessità importati dall'estero, invece di essere scambiata con oggetti di
lusso. L'aumento generale del livello dei salari, non porterebbe dunque ad
altro, dopo un turbamento temporaneo dei prezzi di mercato, che alla caduta
generale del saggio del profitto, senza alcuna variazione durevole nel prezzo
delle merci.
Se
mi si dice che la mia dimostrazione é fondata sul presupposto che tutto
l'aumento dei salari venga speso in oggetti di prima necessità, risponderò che
ho fatto l'ipotesi più favorevole alla concezione del cittadino Weston.
Se
l'aumento dei salari venisse speso in oggetti che prima non facevano parte del
consumo degli operai, l'aumento reale della loro forza di acquisto non avrebbe
più bisogno di essere provato. Ma poiché questo aumento non é che la
conseguenza dell'aumento dei salari, esso deve corrispondere esattamente alla
diminuzione della forza di acquisto dei capitalisti. La domanda complessiva di
merci quindi non aumenterebbe; cambierebbero solo le parti costitutive di questa
domanda. La crescente domanda da una parte sarebbe compensata dalla domanda
decrescente dall'altra parte. In tal modo, rimanendo invariata la domanda
complessiva, nessuna variazione potrebbe verificarsi nei prezzi di mercato delle
merci.
Vi
trovate quindi di fronte a un dilemma. O l'aumento dei salari é ripartito
ugualmente su tutti gli oggetti di consumo, e in questo caso l'aumento della
domanda da parte della classe operaia deve essere compensato dalla caduta della
domanda da parte della classe capitalista. Oppure lo aumento
dei
salari É speso soltanto per determinati oggetti, i cui prezzi di mercato
aumenteranno temporaneamente, e in tal caso l'aumento del saggio del profitto in
alcuni rami di industria e la caduta del saggio del profitto in altri rami, che
ne conseguono, provocheranno un mutamento nella ripartizione di capitale e di
lavoro, il quale durerà sino a che l'offerta si sarà adattata alla maggiore
domanda in un ramo d'industria, e alla minore domanda nell'altro ramo.
Secondo
la prima ipotesi, non si avrà nessun cambiamento nei prezzi delle merci.
Secondo l'altra, i valori di scambio delle merci, dopo alcune oscillazioni dei
prezzi di mercato, ritorneranno al loro livello primitivo. Secondo le due
ipotesi l'aumento generale del livello dei salari non avrà infine altra
conseguenza che una caduta generale del saggio del profitto.
Per
eccitare la vostra fantasia, il cittadino Weston vi ha invitati a pensare alle
difficoltà che sorgerebbero da un aumento generale dei salari degli operai
agricoli inglesi da nove a diciotto scellini. Pensate dunque, egli ha esclamato,
all'enorme aumento della domanda di oggetti di prima necessità e allo
spaventoso aumento dei prezzi che ne seguirebbe! Orbene, voi tutti sapete che i
salari medi degli operai agricoli americani sono alti più del doppio di quelli
degli operai agricoli inglesi, quantunque i prezzi dei prodotti agricoli siano
più bassi negli Stati Uniti che in Inghilterra, quantunque negli Stati Uniti
regnino gli stessi rapporti generali fra capitale e lavoro che in Inghilterra, e
quantunque la massa della produzione annua sia negli Stati Uniti molto più
piccola che in Inghilterra. Perché dunque il nostro amico suona questa campana
d'allarme? Soltanto per spostare la vera questione che sta davanti a noi. Un
aumento improvviso di salari da nove a diciotto scellini sarebbe un aumento
improvviso del 100 per cento del loro ammontare. Ma noi non discutiamo affatto
se il livello generale dei salari in Inghilterra possa essere aumentato
improvvisamente del 100 per cento. La misura dell'aumento, che in ogni caso
pratico dipende dalle circostanze determinate, alle quali deve adattarsi, non ci
interessa affatto.
Dobbiamo
soltanto ricercare quale influenza esercita un aumento generale del livello dei
salari, anche se limitato all'uno per cento.
Lasciando
dunque da parte l'aumento fantastico del 100 per cento dell'amico Weston, voglio
attirare la vostra attenzione sul reale aumento dei salari che si é verificato
in Gran Bretagna dal 1849 al 1859.
Conoscete
tutti la legge delle dieci ore, o meglio la legge delle dieci ore e mezzo, che
entrò in vigore nel 1848. Fu uno dei più grandi rivolgimenti economici cui
abbiamo assistito. Fu un aumento improvviso e obbligatorio dei salari, non in
alcune industrie locali, ma nei rami principali dell'industria, con i quali
l'Inghilterra domina i mercati mondiali. Fu un aumento dei salari in circostanza
singolarmente sfavorevoli. Il dottor Ure, il professor Senior e tutti gli altri
portavoce ufficiali della economia della classe borghese dimostrarono - e, son
costretto a dirlo, con argomentazioni molto più solide di quelle del nostro
amico Weston - che questa legge avrebbe suonato la campana a morte
dell'industria inglese. Essi dimostrarono che non si trattava soltanto di un
semplice aumento dei salari, ma di un aumento dei salari che si iniziava e si
fondava su una diminuzione della quantità di lavoro impiegato. Essi asserivano
che la dodicesima ora che si voleva togliere al capitalista, era proprio l'unica
ora dalla quale egli traeva il proprio profitto.
Essi
minacciavano una diminuzione dell'accumulazione del capitale, aumento dei
prezzi, perdita di mercati, riduzione della produzione, conseguente
ripercussione sui salari, e infine la rovina. Essi affermavano che in realtà la
legge di Massimiliano Robespierre sui prezzi massimi era una inezia al confronto
di ciò, e in un certo senso avevano ragione. Ora, quale fu il risultato? Un
aumento dei salari in denaro degli operai di fabbrica malgrado la diminuzione
della giornata di lavoro, un aumento notevole del numero degli operai di
fabbrica occupati, una caduta costante dei prezzi dei loro prodotti, un mirabile
sviluppo delle forze produttive del loro lavoro, un allargamento costante e
inaudito dei mercati per le loro merci.
A
Manchester, in una adunanza della società per l'incoraggiamento della scienza
ho udito io stesso nel 1860 il signor Newman confessare che egli, il dottor Ure,
Senior e tutti gli altri rappresentanti ufficiali della scienza economica si
erano sbagliati, mentre l'istinto del popolo aveva visto giusto.
Mi
riferisco la signor W. Newman, e non al professore Francis Newman, perché egli
occupa un posto eminente nella scienza economica, come collaboratore ed editore
della "Storia dei prezzi" del signor Thomas Tooke, quest'opera
magnifica, che traccia la storia dei prezzi dal 1793 al 1856. Se l'idea fissa
del nostro amico Weston circa un ammontare fisso dei salari, una quantità fissa
di produzione, un grado fisso della forza produttiva del lavoro, una volontà
fissa e costante dei capitalisti, e tutte le altre sue cose fisse e definitive
fossero giuste, sarebbero state giuste anche le previsioni sinistre del
professor Senior, e avrebbe avuto torto Robert Owen, che già nel 1816
richiedeva una diminuzione generale della giornata di lavoro come primo passo
per preparare la liberazione della classe operaia, e nonostante il pregiudizio
generale la introdusse realmente, di sua iniziativa, nella sua fabbrica tessile
di New Lanark.
Nel
momento stesso in cui si introduceva la legge delle dieci ore e aveva luogo
l'aumento dei salari che ne conseguì, si verificò in Inghilterra, per motivi
che non É ora il caso di enumerare, un aumento generale dei salari degli operai
agricoli.
Quantunque
non sia necessario per il mio scopo immediato, pure, per non indurvi in errore,
voglio fare alcune osservazioni preliminari.
Se
alcuno riceveva un salario settimanale di due scellini e il suo salario viene
portato a quattro scellini, il livello del salario sarà aumentato del 100 per
cento. Dal punto di vista del livello del salario, parrebbe una cosa
meravigliosa, quantunque l'ammontare reale dei salari, quattro scellini
settimanali, resti pur sempre un salario di fame, infimo, miserabile.
Non
dovete dunque lasciarvi accecare da questa altisonante percentuale di aumento
nel livello dei salari, ma dovete sempre chiedere quale era l'importo
originario.
Dovete
comprendere inoltre che se dieci operai ricevono settimanalmente due scellini
ciascuno, altri cinque operai cinque scellini ciascuno, e altri cinque operai
ancora undici scellini ciascuno, i venti operai assieme ricevono settimanalmente
cento scellini, cioè cinque sterline. Se la somma totale dei loro salari
settimanali aumenta, mettiamo, del 20 per cento, vi sarà un aumento da cinque a
sei sterline. Se prendiamo la media, potremo dire che il livello generale del
salario é aumentato del 20 per cento, ma in realtà i salari di dieci operai
sono rimasti immutati, i salari di un primo gruppo di cinque operai sono saliti
da cinque a sei scellini, e la somma dei salari di un secondo gruppo di cinque
operai é aumentata da 55 a 70 scellini settimanali.
La
metà degli operai non avrebbe affatto migliorato la propria condizione, un
quarto l'avrebbe migliorata in misura impercettibile, e soltanto un quarto
l'avrebbe migliorata realmente. Se però si calcola la media, l'importo totale
dei salari di questi venti operai sarebbe aumentato del 20 per cento; e, per
quanto riguarda il capitale complessivo che li occupa e i prezzi delle merci che
essi producono, sarebbe perfettamente la stessa cosa se ciascuno di essi avesse
partecipato in eguale misura all'aumento medio dei salari. Nel caso degli operai
agricoli, i cui salari normali sono molto differenti nelle singole contee
d'Inghilterra e di Scozia, l'aumento si verificò in modo molto disuguale.
Infine,
nel periodo in cui ebbe luogo quell'aumento dei salari si manifestarono delle
influenze contrarie, come ad esempio le nuove imposte in conseguenza della
guerra contro la Russia, la vasta distruzione delle case d'abitazione degli
operai agricoli e così via.
Dopo
tutte le premesse che ho fatto, passo a constatare che dal 1849 al 1859 si
verificò nella Gran Bretagna un aumento di circa il 40 per cento del livello
medio dei salari agricoli inglesi. Potrei citarvi molti particolari a prova
della mia asserzione, ma per lo scopo che mi propongo ritengo sufficiente
rimandarvi alla esposizione coscienziosa e critica fatta dal defunto signor John
C. Morton nel 1860 alla società londinese delle Arti sulle forze impiegate
nell'agricoltura. Il signor Morton espone tutti i dati statistici che egli ha
raccolto esaminando i conti e altri documenti autentici di circa cento
coltivatori di dodici contee scozzesi e trentacinque contee inglesi.
Secondo
l'opinione del nostro amico Weston, e tenuto conto dell'aumento contemporaneo
dei salari degli operai di fabbrica, nel decennio 1849-59 avrebbe dovuto
prodursi un enorme aumento dei prezzi dei prodotti agricoli. Invece, che avvenne
in realtà? Malgrado la guerra contro la Russia e i cattivi raccolti successivi
dal 1854 al 1856, il prezzo medio del grano, che é il principale prodotto
agricolo dell'Inghilterra, cadde da circa tre sterline al quarter per gli anni
dal 1838 al 1848, a circa due sterline e dieci scellini al quarter per gli anni
dal 1849 al 1859. Ciò significa una caduta del prezzo del grano di più del 16
per cento, parallelamente a un aumento medio dei salari degli operai agricoli
del 40 per cento. Durante lo stesso periodo, se ne confrontiamo la fine con il
principio, cioè il 1859 con il 1849, il numero dei poveri registrati
ufficialmente cadde da 934.419 a 860.470, con una differenza di 73.949;
diminuzione lo confesso assai lieve, e che scomparve nuovamente negli anni
seguenti, ma pur tuttavia una diminuzione Si potrebbe dire che in seguito alla
abolizione delle leggi sul grano l'importazione di grani esteri é raddoppiata
nel periodo dal 1849 al 1859 in confronto al periodo dal 1838 al 1848. Ma che
significa questo? Secondo il modo di vedere del cittadino Weston si sarebbe
dovuto attendere che questa domanda improvvisa, enorme, in continuo aumento, sui
mercati stranieri, spingesse i prezzi dei prodotti agricoli a un'altezza
spaventosa, dato che gli effetti
di
una domanda accresciuta sono gli stessi, venga essa dall'esterno o dall'interno.
Che
cosa accadde invece? A eccezione di qualche annata di cattivo raccolto, la
caduta rovinosa del prezzo del grano fu in Francia, per tutto il periodo,
oggetto di costanti lamentele; gli americani furono costretti a più riprese a
bruciare i loro prodotti esuberanti; e la Russia, se dobbiamo credere al signor
Urquhart, fomentò la guerra civile negli Stati Uniti perché la sua
esportazione di prodotti agricoli sui mercati europei era paralizzata dalla
concorrenza degli Yankee.
Ridotta
alla sua forma astratta, l'argomentazione del cittadino Weston si riduce a
quanto segue: - ogni aumento della domanda avviene sempre sulla base di una data
quantità di produzione. Essa quindi non può mai aumentare l'offerta
dell'articolo richiesto, essa può soltanto aumentarne il prezzo in denaro.
L'esperienza più elementare dimostra invece che un aumento della domanda in
taluni casi lascia completamente invariati i prezzi di mercato delle merci,
mentre in altri casi provoca un aumento temporaneo dei prezzi di mercato, al
quale segue un aumento dell'offerta; il che provoca di nuovo una caduta dei
prezzi al loro livello di prima e in molti casi anche al di sotto del loro
livello di prima. Che l'aumento della domanda dipenda dall'aumento dei salari o
da qualsiasi altra ragione, ciò non cambia niente ai termini del problema.
Secondo il modo di vedere del cittadino Weston, il fenomeno generale era tanto
difficile da spiegare quanto il fenomeno avvenuto durante le eccezionali
circostanze di un aumento dei salari. Il suo argomento non fornisce quindi la
minima prova, in rapporto col tema che stiamo trattando. Esso esprime soltanto
il suo imbarazzo allorché egli deve spiegare le leggi secondo le quali un
aumento della domanda provoca un aumento dell'offerta e non un aumento
definitivo dei prezzi sul mercato.
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