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4-9
Analisi
della struttura sociale italiana
5.
L'industrialismo, che è la porta essenziale del capitalismo, è in Italia assai
debole. Le sue possibilità di sviluppo sono limitate e per la situazione
geografica e per la mancanza di materie prime. Esso non riesce quindi ad
assorbire la maggioranza della popolazione italiana (4 milioni di operai
industriali stanno di fronte a 3 milioni e mezzo di operai agricoli e a 4
milioni di contadini). Si oppone all'industrialismo una agricoltura la quale si
presenta naturalmente come base della economia del paese. Le variatissime
condizioni del suolo, e le conseguenti differenze di colture e sistemi di
conduzione, provocano però una forte differenziazione dei ceti rurali, con una
prevalenza degli strati poveri, più vicini alle condizioni del proletariato e
più facili a subire la sua influenza e ad accettarne la guida. Tra le classi
industriali ed agrarie si pone una piccola borghesia urbana abbastanza estesa e
che ha importanza assai grande. Essa consta in prevalenza di artigiani,
professionisti e impiegati dello Stato.
6. La
debolezza intrinseca del capitalismo costringe la classe industriale ad adottare
degli espedienti per garantirsi il controllo sopra tutta la economia del paese.
Questi espedienti si riducono in sostanza a un sistema di compromessi economici
tra una parte degli industriali e una parte delle classi agricole, e
precisamente i grandi proprietari di terre. Non ha quindi luogo la tradizionale
lotta economica tra industriali ed agrari, né ha luogo la rotazione di gruppi
dirigenti che essa determina in altri paesi. Gli industriali non hanno d'altra
parte bisogno di sostenere, contro gli agrari, una politica economica la quale
assicuri il continuo afflusso di mano d'opera dalle campagne alle fabbriche,
perché questo afflusso è garantito dalla esuberanza di popolazione agricola
povera che è caratteristica dell'Italia. L'accordo industriale-agrario si basa
sopra una solidarietà di interessi tra alcuni gruppi privilegiati, ai danni
degli interessi generali della produzione e della maggioranza di chi lavora.
Esso determina una accumulazione di ricchezza nelle mani dei grandi industriali,
che è conseguenza di una spoliazione sistematica di intiere categorie della
popolazione e di intiere regioni del paese. I risultati di questa politica
economica sono infatti il deficit del bilancio economico, l'arresto dello
sviluppo economico di intiere regioni (Mezzogiorno, Isole), l'impedimento al
sorgere e allo sviluppo di una economia maggiormente adatta alla struttura del
paese e alle sue risorse, la miseria crescente della popolazione lavoratrice,
l'esistenza di una continua corrente di emigrazione e il conseguente
impoverimento demografico.
7. Come
non controlla naturalmente tutta la economia così la classe industriale non
riesce a organizzare da sola la società intiera e lo Stato. La costruzione di
uno Stato nazionale non le è resa possibile che dallo sfruttamento di fattori
di politica internazionale (cosiddetto Risorgimento). Per il rafforzamento di
esso e per la sua difesa è necessario il compromesso con le classi sulle quali
la industria esercita una egemonia limitata, particolarmente gli agrari e la
piccola borghesia. Di qui una eterogeneità e una debolezza di tutta la
struttura sociale e dello Stato che ne è espressione.
7 bis. Un
riflesso della debolezza della struttura sociale si ha, in modo tipico, prima
della guerra, nell'esercito. Una cerchia ristretta di ufficiali, sforniti del
prestigio di capi (vecchie classi dirigenti agrarie, nuove classi industriali),
ha sotto di sé una casta di ufficiali subalterni burocratizzata (piccola
borghesia), la quale è incapace di servire come collegamento con la massa dei
soldati indisciplinata e abbandonata a se stessa. Nella guerra tutto l'esercito
è costretto a riorganizzarsi dal basso, dopo una eliminazione dei gradi
superiori e una trasformazione di struttura organizzativa che corrisponde
all'avvento di una nuova categoria di ufficiali subalterni. Questo fenomeno
precorre l'analogo rivolgimento che il fascismo compirà nei confronti dello
Stato su scala più vasta.
8. I
rapporti tra industria e agricoltura, che sono essenziali per la vita economica
di un paese e per la determinazione delle sovrastrutture politiche, hanno in
Italia una base territoriale. Nel Settentrione sono accentrate in alcuni grandi
centri la produzione e la popolazione agricola. In conseguenza di ciò, tutti i
contrasti inerenti alla struttura sociale del paese contengono in sé un
elemento che tocca la unità dello Stato e la mette in pericolo. La soluzione
del problema viene cercata dai gruppi dirigenti borghesi e agrari attraverso un
compromesso. Nessuno di questi gruppi possiede naturalmente un carattere
unitario e una funzione unitaria. Il compromesso col quale l'unità viene
salvata è d'altra parte tale da rendere più grave la situazione. Esso dà alle
popolazioni lavoratrici del Mezzogiorno una posizione analoga a quella delle
popolazioni coloniali. La grande industria del Nord adempie verso di esse la
funzione delle metropoli capitalistiche: i grandi proprietari di terre e la
stessa media borghesia meridionale si pongono invece nella situazione delle
categorie che nelle colonie si alleano alla metropoli per mantenere soggetta la
massa del popolo che lavora. Lo sfruttamento economico e la oppressione politica
si uniscono quindi per fare della popolazione lavoratrice del Mezzogiorno una
forza continuamente mobilitata contro lo Stato.
9. Il
proletariato ha in Italia una importanza superiore a quella che ha in altri
paesi europei anche di capitalismo progredito, paragonabile solo a quella che
aveva nella Russia prima della rivoluzione. Ciò è in relazione anzitutto con
il fatto che per la scarsezza di materie prime l'industria si basa in preferenza
sulla mano d'opera (maestranze specializzate), indi con la eterogeneità e con i
contrasti di interessi che indeboliscono le classi dirigenti. Di fronte a questa
eterogeneità il proletariato si presenta come l'unico elemento che per la sua
natura ha una funzione unificatrice e coordinatrice di tutta la società. Il suo
programma di classe è il solo programma "unitario", cioè il solo la
cui attuazione non porta ad approfondire i contrasti tra i diversi elementi
della economia e della società e non porta a spezzare l'unità dello Stato.
Accanto al proletariato industriale inoltre esiste una grande massa di proletari
agricoli, accentrata soprattutto nella Valle del Po, facilmente influenzata
dagli operai della industria e quindi agevolmente mobilitabile nella lotta
contro il capitalismo e lo Stato. Si ha inoltre in Italia una conferma della
tesi che le più favorevoli condizioni per la rivoluzione proletaria non si
hanno necessariamente sempre nei paesi dove il capitalismo e l'industrialismo
sono giunti al più alto grado del loro sviluppo, ma si possono invece aver là
dove il tessuto del sistema capitalistico offre minori resistenze, per le sue
debolezze di struttura, a un attacco della classe rivoluzionaria e dei suoi
alleati.