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paragrafi 35-44
Strategia
e tattica del partito
35. La
capacità e tattica del partito è la capacità di organizzare e unificare
attorno all'avanguardia proletaria e alla classe operaia tutte le forze
necessarie alla vittoria rivoluzionaria e di guidarle di fatto verso la
rivoluzione approfittando delle situazioni oggettive e degli spostamenti di
forze che esse provocano sia tra la popolazione lavoratrice che tra i nemici
della classe operaia. Con la sua strategia e con la sua tattica il partito
"dirige la classe operaia" nei grandi movimenti storici e nelle sue
lotte quotidiane. L'unica direzione è legata all'altra ed è condizionata
dall'altra.
36. Il
principio che il partito dirige la classe operaia non deve essere interpretato
in modo meccanico. Non bisogna credere che il partito possa dirigere la classe
operaia per una imposizione autoritaria esterna; questo non è vero né per il
periodo che precede né per il periodo che segue la conquista del potere.
L'errore di una interpretazione meccanica di questo principio deve essere
combattuto nel partito italiano come una possibile conseguenza delle deviazioni
ideologiche di estrema sinistra; queste deviazioni portano infatti a una
arbitraria sopravvalutazione formale del partito per ciò che riguarda la
funzione di guida della classe. Noi affermiamo che la capacità di dirigere la
classe è in relazione non al fatto che il partito si "proclami"
l'organo rivoluzionario di essa, ma al fatto che esso "effettivamente"
riesca, come una parte della classe operaia, a collegarsi con tutte le sezioni
della classe stessa e a imprimere alla massa un movimento nella direzione
desiderata e favorita dalle condizioni oggettive.
Solo come
conseguenza della sua azione tra le masse il partito potrà ottenere che esse lo
riconoscano come il "loro" partito (conquista della maggioranza), e
solo quando questa condizione si è realizzata esso può presumere di poter
trascinare dietro a sé la classe operaia. Le esigenze di questa azione tra le
masse sono superiori a ogni "patriottismo" di partito.
37. Il
partito dirige la classe penetrando in tutte le organizzazioni in cui la massa
lavoratrice si raccoglie e compiendo in esse e attraverso di esse una
sistematica mobilitazione di energia secondo il programma della lotta di classe
e un'azione di conquista della maggioranza alle direttive comuniste. Le
organizzazioni in cui il partito lavora e che tendono per loro natura a
incorporare tutta la massa operaia non possono mai sostituire il Partito
comunista, che è l'organizzazione politica dei rivoluzionari, cioè
dell'avanguardia del proletariato. Così è escluso un rapporto di
subordinazione, e di "eguaglianza" tra le organizzazioni di massa e il
partito (patto sindacale di Stoccarda, patto di alleanza tra il Partito
socialista italiano e la Confederazione generale del lavoro).
Il
rapporto tra sindacati e partito è uno speciale rapporto di direzione che si
realizza mediante la attività che i comunisti esplicano in seno ai sindacati. I
comunisti si organizzano in frazioni nei sindacati e in tutte le formazioni di
massa e partecipano in prima fila alla vita di queste formazioni e alle lotte
che esse conducono, sostenendovi il programma e le parole d'ordine del loro
partito. Ogni tendenza a estraniarsi dalla vita delle organizzazioni, qualunque
esse siano, in cui è possibile prendere contatto con le masse lavoratrici, è
da combattere come pericolosa deviazione, indizi di pessimismo e sorgente di
passività.
38. Organi
specifici di raccoglimento delle masse lavoratrici sono nei paesi capitalistici
i sindacati. L'azione nei sindacati è da considerare come essenziale per il
raggiungimento dei fini del partito. Il partito che rinuncia alla lotta per
esercitare la sua influenza nei sindacati e per conquistarne la direzione,
rinuncia di fatto alla conquista della massa operaia e alla lotta rivoluzionaria
per il potere. In Italia l'azione nei sindacati assume una particolare
importanza perché consente di lavorare con intensità più grave e con
risultati migliori a quella riorganizzazione del proletariato industriale e
agricolo che deve ridargli una posizione di predominio nei confronti con le
altre classi sociali.
La
compressione fascista e specialmente la nuova politica sindacale del fascismo
creano però una condizione di cose del tutto particolare. La Confederazione del
lavoro e i sindacati di classe si vedono tolta la possibilità di svolgere,
nelle forme tradizionali, una attività di organizzazione e di difesa economica.
Essi tendono a ridursi a semplici uffici di propaganda. In pari tempo però la
classe operaia, sotto l'impulso della situazione oggettiva, è spinta a
riordinare le proprie forze secondo nuove forme di organizzazione. Il partito
deve quindi riuscire a compiere una azione di difesa del sindacato di classe e
di rivendicazioni della sua libertà, e in pari tempo deve secondare e stimolare
la tendenza alla creazione di organismi rappresentativi di massa i quali
aderiscono al sistema della produzione. Paralizzata l'attività del sindacato di
classe, la difesa dell'interesse immediato dei lavoratori tende a compiersi
attraverso uno spezzettamento della resistenza e della lotta per officine, per
categorie, per reparti di lavoro, ecc.
Il Partito
comunista deve saper seguire tutte queste lotte ed esercitare una vera e propria
direzione di esse, impedendo che in esse vada smarrito il carattere unitario e
rivoluzionario dei contrasti di classe, sfruttandole anzi per favorire la
mobilitazione di tutto il proletariato e la organizzazione di esso sopra un
fronte di combattimento (Tesi sindacali).
39. Il
partito dirige e unifica la classe operaia partecipando a tutte le lotte di
carattere parziale, e formulando e agitando un programma di rivendicazioni di
immediato interesse per la classe lavoratrice. Le azioni parziali e limitate
sono da esso considerate come momenti necessari per giungere alla mobilitazione
progressiva e alla unificazione di tutte le forze della classe lavoratrice. Il
partito combatte la concezione secondo la quale ci si dovrebbe astenere
dall'appoggiare o dal prendere parte ad azioni parziali perché i problemi
interessanti la classe lavoratrice sono risolubili solo con l'abbattimento del
regime capitalista e con una azione generale di tutte le forze
anticapitalistiche. Esso è consapevole della impossibilità che le condizioni
dei lavoratori siano migliorate in modo serio e durevole, nel periodo
dell'imperialismo e prima che il regime capitalista sia stato abbattuto.
L'agitazione
di un programma di rivendicazioni immediate e l'appoggio alle lotte parziali è
però il solo modo col quale si possa giungere alle grandi masse e mobilitarle
contro il capitale. D'altra parte ogni agitazione o vittoria di categorie
operaie nel campo delle rivendicazioni immediate rende più acuta la crisi del
capitalismo, e ne accelera anche soggettivamente la caduta in quanto sposta
l'instabile equilibrio economico sul quale esso oggi basa il suo potere. Il
Partito comunista lega ogni rivendicazione immediata a un obiettivo
rivoluzionario, si serve di ogni lotta parziale per insegnare alle masse la
necessità dell'azione generale, della insurrezione contro il dominio
reazionario del capitale, e cerca di ottenere che ogni lotta di carattere
limitato sia preparata e diretta così da poter condurre alla mobilitazione e
unificazione delle forze proletarie, e non alla loro dispersione.
Esso
sostiene queste sue concezioni nell'interno delle organizzazioni di massa cui
spetta la direzione dei movimenti parziali, o nei confronti dei partiti politici
che ne prendono la iniziativa, oppure le fa valere prendendo esso la iniziativa
di proporre le azioni parziali, sia in seno a organizzazioni di massa, sia ad
altri partiti (tattica del fronte unico). In ogni caso si serve della esperienza
del movimento e dell'esito delle sue proposte per accrescere la sua influenza,
dimostrando con i fatti che il suo programma di azione è il solo rispondente
agli interessi delle masse e alla situazione oggettiva, e per portare sopra una
posizione più avanzata una sezione arretrata della classe lavoratrice. La
iniziativa diretta del Partito comunista per una azione parziale, può aver
luogo quando essa controlla attraverso organismi di massa una parte notevole
della classe lavoratrice, o quando sia sicuro che una sua parola d'ordine
diretta sia seguita egualmente da una parte notevole della classe lavoratrice.
Il partito
non prenderà però questa iniziativa se non quando, in relazione con la
situazione oggettiva, essa porti a uno spostamento a suo favore dei rapporti di
forza, e rappresenti un passo in avanti sulla unificazione e mobilitazione della
classe sul terreno rivoluzionario. E' escluso che una azione violenta di
individui o di gruppi possa servire a strappare dalla passività le masse
operaie quando il partito non sia collegato profondamente con esse. In
particolare la attività dei gruppi armati, anche come reazione alla violenza
fisica dei fascisti, ha valore solo in quanto si collega con una reazione delle
masse o riesce a suscitarla e prepararla acquistando nel campo della
mobilitazione di forze materiali lo stesso valore che hanno gli scioperi e le
agitazioni economiche particolari per la mobilitazione generale delle energie
dei lavoratori in difesa dei loro interessi di classe.
39 bis. E'
un errore il ritenere che le rivendicazioni immediate e le azioni parziali
possano avere solamente carattere economico. Poiché, con l'approfondirsi della
crisi del capitalismo, le classi dirigenti capitalistiche e agrarie sono
costrette, per mantenere il loro potere, a limitare e sopprimere le libertà di
organizzazione e politiche del proletariato, la rivendicazione di queste libertà
offre un ottimo terreno per agitazioni e lotte parziali, le quali possono
giungere alla mobilitazione di vasti strati della popolazione lavoratrice. Tutta
la legislazione con la quale i fascisti sopprimono, in Italia, anche le più
elementari libertà della classe operaia, deve quindi fornire al Partito
comunista motivi per l'agitazione e mobilitazione delle masse.
Sarà
compito del Partito comunista collegare ognuna delle parole d'ordine che esso
lancerà in questo campo con le direttive generali della sua azione: in
particolare con la pratica dimostrazione della possibilità che il regime
instaurato dal fascismo subisca radicali limitazioni e trasformazioni in senso
"liberale" e "democratico" senza che sia scatenata contro il
fascismo una lotta di masse, la quale dovrà inesorabilmente sboccare nella
guerra civile. Questa convinzione deve diffondersi nelle masse nella misura in
cui noi riusciremo, collegando le rivendicazioni parziali di carattere politico
con quelle di carattere economico, a trasformare i movimenti "rivoluzionari
democratici" in movimenti rivoluzionari operai e socialisti.
Particolarmente
questo dovrà essere ottenuto per quanto riguarda l'agitazione contro la
monarchia. La monarchia è uno dei puntelli del regime fascista; essa è la
forma statale del fascismo italiano. La mobilitazione antimonarchica delle masse
della popolazione italiana è uno degli scopi che il Partito comunista deve
proporre. Essa servirà efficacemente a smascherare alcuni gruppi sedicenti
antifascisti già coalizzati nell'Aventino. Essa deve però sempre essere
condotta insieme con l'agitazione e con la lotta contro gli altri pilastri
fondamentali del regime fascista, che sono la plutocrazia industriale e gli
agrari. Nell'agitazione antimonarchica il problema della forma dello Stato sarà
inoltre presentato dal Partito comunista in connessione continua con il problema
del contenuto di classe che i comunisti intendono dare allo Stato. Nel recente
passato (giugno 1925) la connessione di questi problemi venne ottenuta dal
partito ponendo a base della sua azione politica le parole d'ordine:
"Assemblea repubblicana sulla base dei Comitati operai e contadini;
controllo operaio sull'industria; terra ai contadini".
40. Il
compito di unificare le forze del proletariato e di tutta la classe lavoratrice
sopra un terreno di lotta è la parte "positiva" della tattica del
fronte unico ed è in Italia, nelle circostanze attuali, compito fondamentale
del partito. I comunisti devono considerare la unità della classe lavoratrice
come un risultato concreto, reale, da ottenere, per impedire al capitalismo
l'attuazione del suo piano di disgregare in modo permanente il proletariato e di
rendere impossibile ogni lotta rivoluzionaria. Essi devono saper lavorare in
tutti i modi per raggiungere questo scopo soprattutto devono rendersi capaci di
avvicinare gli operai di altri partiti e senza partito superando ostilità e
incomprensioni fuori luogo, e presentandosi in ogni caso come i fautori
dell'unità della classe nella lotta per la sua difesa e per la sua liberazione.
Il "fronte unico" di lotta antifascista e anticapitalista che i
comunisti si sforzano di creare deve tendere a essere un fronte unico
organizzato, cioè a fondarsi sopra organismi attorno ai quali tutta la massa
trovi una forma e si raccolga.
Tali sono
gli organismi rappresentativi che le masse stesse oggi hanno la tendenza a
costituire, a partire dalle officine, e in occasione di ogni agitazione, dopo
che le possibilità di funzionamento normale dei sindacati hanno incominciato a
essere limitate. I comunisti devono rendersi conto di questa tendenza delle
masse e saperla stimolare, sviluppando gli elementi positivi che essa contiene e
combattendo le deviazioni particolaristiche cui essa può dare luogo. La cosa
deve essere considerata senza feticismi per una determinata forma di
organizzazione, tenendo presente che lo scopo nostro fondamentale è di ottenere
una mobilitazione e una unità organica sempre più vaste di forze. Per
raggiungere questo scopo occorre sapersi adattare a tutti i terreni che ci sono
offerti dalla realtà, sfruttare tutti i motivi di agitazione, insistere sopra
l'una o sopra l'altra forma di organizzazione a seconda della necessità e a
seconda delle possibilità di sviluppo di ognuna di esse (Tesi sindacali:
capitoli relativi alle commissioni interne, ai comitati di agitazione, alle
conferenze di fabbriche).
41. La
parola d'ordine dei comitati operai e contadini deve essere considerata come
formula riassuntiva di tutta l'azione del partito in quanto essa si propone di
creare un fronte unico organizzato della classe lavoratrice. I comitati operai e
contadini sono organi di unità della classe lavoratrice mobilitata sia per una
lotta di carattere immediato che per azioni politiche di più largo sviluppo. La
parola d'ordine della creazione di comitati operai e contadini è quindi una
parola d'ordine di attuazione immediata per tutti quei casi in cui il partito
riesce con la sua attività a mobilitare una sezione della classe lavoratrice
abbastanza estesa (più di una sola fabbrica, più di una sola categoria in una
località), ma essa è in pari tempo una soluzione politica e una parola di
agitazione adeguata a tutto un periodo della vita e della azione del partito.
Essa rende evidente e concreta la necessità che i lavoratori organizzino le
loro forze e le contrappongano di fatto a quelle di tutti i gruppi di origine e
natura borghese, al fine di poter diventare elemento determinante e
preponderante della situazione politica.
42. La
tattica del fronte unico come azione politica (manovra) destinata a smascherare
partiti e gruppi sedicenti proletari e rivoluzionari aventi una base di massa,
è strettamente collegata col problema della direzione delle masse da parte del
Partito comunista e col problema della conquista della maggioranza. Nella forma
in cui è stata definita dai congressi mondiali essa è applicabile in tutti i
casi in cui, per l'adesione delle masse ai gruppi che noi combattiamo, la lotta
frontale contro di essi non sia sufficiente a darci risultati rapidi e profondi.
Il successo di questa tattica è legato alla misura in cui essa è preceduta o
si accompagna ad una effettiva opera di unificazione e di mobilitazione di masse
ottenuta dal partito con una azione dal basso.
In Italia
la tattica del fronte unico deve continuare ad essere adottata dal partito nella
misura in cui esso è ancora lontano dall'aver conquistato una influenza
decisiva sulla maggioranza della classe operaia e della popolazione lavoratrice.
Le particolari condizioni italiane assicurano la vitalità di formazioni
politiche intermedie, basate sopra l'equivoco e favorite dalla passività di una
parte della massa (massimalisti, repubblicani, unitari). Una formazione di
questo genere sarà il gruppo di centro che assai probabilmente sorgerà dallo
sfacelo dell'Aventino. Non è possibile lottare a pieno contro il pericolo che
queste formazioni rappresentano se non con la tattica del fronte unico. Ma non
bisogna contare di poter aver successi se non in relazione al lavoro che
contemporaneamente si sarà fatto per strappare le masse alla passività.
42 bis. Il
problema del Partito massimalista deve essere considerato alla stregua del
problema di tutte le altre formazioni intermedie che il Partito comunista
combatte come ostacolo alla preparazione rivoluzionaria del proletariato e verso
le quali adotta, a seconda delle circostanze, la tattica del fronte unico. E'
certo che in alcune zone il problema della conquista della maggioranza è per
noi legato specificamente al problema di distruggere la influenza del PSI e del
suo giornale. I capi del Partito socialista d'altra parte vengono sempre più
apertamente classificandosi tra le forze controrivoluzionarie e di conservazione
dell'ordine capitalistico (campagna per l'intervento del capitale americano;
solidarietà di fatto con i dirigenti sindacali riformisti).
Nulla
permette di escludere del tutto la possibilità di un loro accostamento ai
riformisti e di una successiva fusione di essi. Il Partito comunista deve tenere
presente questa possibilità e proporsi fin d'ora di ottenere che, quando essa
si realizzasse, le masse che sono ancora controllate dai massimalisti ma
conservano uno spirito classista, si stacchino da essi decisamente e si leghino
nel modo più stretto con le masse che la avanguardia comunista tiene attorno a
sé. I buoni risultati dati dalla fusione con la frazione terzinternazionalista
decisa dal V Congresso hanno insegnato al partito italiano come in condizioni
determinate si ottengano, con una azione politica avveduta, risultati che non si
potrebbero ottenere con la normale attività di propaganda e organizzazione.
43. Mentre
agita il suo programma di rivendicazioni classiste immediate e concentra la sua
attività nell'ottenere la mobilitazione e unificazione delle forze operaie e
lavoratrici, il partito può presentare, allo scopo di agevolare lo sviluppo
della propria azione, soluzioni intermedie di problemi politici generali, e
agitare queste soluzioni tra le masse che sono ancora aderenti a partiti e
formazioni controrivoluzionarie. Questa presentazione e agitazione di soluzioni
intermedie - lontane tanto dalle parole d'ordine del partito quanto dal
programma di inerzia e passività dei gruppi che si vogliono combattere -
permette di raccogliere al seguito del partito forze più vaste, di porre in
contraddizione le parole dei dirigenti i partiti di massa controrivoluzionari
con le loro intenzioni reali, di spingere le masse verso soluzioni
rivoluzionarie e di estendere la nostra influenza (esempio: antiparlamento).
Queste
soluzioni intermedie non si possono prevedere tutte, perché devono in ogni caso
aderire alla realtà. Esse devono però essere tali da poter costituire un ponte
di passaggio verso le parole d'ordine del partito, e deve apparire sempre
evidente alle masse che una loro eventuale realizzazione si risolverebbe in un
acceleramento del processo rivoluzionario e in un inizio di lotte più profonde.
La presentazione e agitazione di queste soluzioni intermedie è la forma più
specifica di lotta che deve essere usata contro i partiti sedicenti democratici,
i quali in realtà sono uno dei più forti sostegni dell'ordine capitalistico
vacillante e come tali si alternano al potere con i gruppi reazionari, quando
questi partiti sedicenti democratici sono collegati con strati importanti e
decisivi della popolazione lavoratrice (come in Italia nei primi mesi della
crisi Matteotti) e quando è imminente e grave un pericolo reazionario (tattica
adottata dai bolscevichi verso Kerenski durante il colpo di Kornilov). In questi
casi il Partito comunista ottiene i migliori risultati agitando le soluzioni
stesse che dovrebbero essere proprie dei partiti sedicenti democratici se essi
sapessero condurre per la democrazia una lotta conseguente, con tutti i mezzi
che la situazione richiede. Questi partiti, posti così alla prova dei fatti, si
smascherano di fronte alle masse e perdono la loro influenza su di esse.
44. Tutte
le agitazioni particolari che il partito conduce e le attività che esso esplica
in ogni direzione per mobilitare e unificare le forze della classe lavoratrice
devono convergere ed essere riassunte in una formula politica la quale sia
agevole a comprendersi dalle masse e abbia il massimo valore di agitazione nei
loro confronti. Questa formula è quella del "governo operaio e
contadino". Essa indica anche alle masse più arretrate la necessità della
conquista del potere per la soluzione dei problemi vitali che le interessano e
fornisce il mezzo per portarle sul terreno che è proprio dell'avanguardia
operaia più evoluta (lotta per la dittatura del proletariato). In questo senso
essa è una formula di agitazione, ma non corrisponde ad una fase reale di
sviluppo storico se non allo stesso modo delle soluzioni intermedie di cui al
numero precedente.
Una
realizzazione di essa infatti non può essere concepita dal partito se non come
inizio di una lotta rivoluzionaria diretta, cioè della guerra civile condotta
dal proletariato, in alleanza con i contadini, per la conquista del potere. Il
partito potrebbe essere portato a gravi deviazioni dal suo compito di guida
della rivoluzione qualora interpretasse il governo operaio e contadino come
rispondente ad una fase reale di sviluppo della lotta per il potere, cioè se
considerasse che questa parola d'ordine indica la possibilità che il problema
dello Stato venga risolto nell'interesse della classe operaia in una forma che
non sia quella della dittatura del proletariato.
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