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Tesi |
paragrafi 1-3
1. La
trasformazione dei partiti comunisti, nei quali si raccoglie l'avanguardia della
classe operaia, in partiti bolscevichi, si può considerare, nel momento
presente, come il compito fondamentale dell'Internazionale comunista. Questo
compito deve essere posto in relazione con lo sviluppo storico del movimento
operaio internazionale, e in particolare con la lotta svoltasi nell'interno di
esso, tra il marxismo e le correnti che costituivano una deviazione dai principi
e dalla pratica della lotta di classe rivoluzionaria. In Italia il compito di
creare un partito bolscevico assume tutto il rilievo che è necessario soltanto
se si tengono presenti le vicende del movimento operaio dai suoi inizi e le
deficienze fondamentali che in esse si sono rivelate.
2. La
nascita del movimento operaio ebbe luogo in ogni paese in forme diverse. Di
comune vi fu in ogni luogo la spontanea ribellione del proletariato contro il
capitalismo. Questa ribellione assunse però in ogni nazione una forma
specifica, la quale era il riflesso e conseguenza delle particolari
caratteristiche nazionali degli elementi che, provenendo dalla piccola borghesia
e dai contadini, avevano contribuito a formare la grande massa del proletariato
industriale. Il marxismo costituì l'elemento cosciente, scientifico e superiore
al particolarismo delle varie tendenze di carattere e origine nazionale e
condusse contro di esse una lotta nel campo teorico e nel campo
dell'organizzazione.
Tutto il
processo formativo della I Internazionale ebbe come cardine questa lotta, la
quale si conchiuse con la espulsione del bakuninismo dalla Internazionale.
Quando la I Internazionale cessò di esistere, il marxismo aveva ormai trionfato
nel movimento operaio. La II Internazionale si formò infatti di partiti i quali
si richiamavano tutti al marxismo e lo prendevano come fondamento della loro
tattica in tutte le questioni essenziali. Dopo la vittoria del marxismo, le
tendenze di carattere nazionale delle quali esso aveva trionfato cercarono di
manifestarsi per altra via, risorgendo nel seno stesso del marxismo come forme
di revisionismo.
Questo
processo fu favorito dallo sviluppo della fase imperialistica del capitalismo.
Sono strettamente connessi con questo fenomeno i seguenti tre fatti: il venir
meno nelle file del movimento operaio della critica dello Stato, parte
essenziale della dottrina marxista, alla quale si sostituiscono le utopie
democratiche; il formarsi di un'aristocrazia operaia; un nuovo spostamento di
masse dalla piccola borghesia e dai contadini al proletariato, quindi una nuova
diffusione tra il proletariato di correnti ideologiche di carattere nazionale,
contrastanti col marxismo. Il processo di degenerazione della II Internazionale
assunse così la forma di una lotta contro il marxismo che si svolgeva
nell'interno del marxismo stesso. Esso culminò nello sfacelo provocato dalla
guerra.
Il solo
partito che si salvò dalla degenerazione è il Partito bolscevico, il quale
riuscì a mantenersi alla testa del movimento operaio del proprio paese, espulse
dal proprio seno le tendenze antimarxiste ed elaborò, attraverso le esperienze
di tre rivoluzioni, il leninismo, che è il marxismo dell'epoca del capitalismo
monopolista, delle guerre imperialiste e della rivoluzione proletaria. Viene così
storicamente determinata la posizione del Partito bolscevico nella fondazione e
a capo della III Internazionale, e sono posti i termini del problema di
richiamare l'avanguardia del proletariato alla dottrina e alla pratica del
marxismo rivoluzionario, superando e liquidando completamente ogni corrente
antimarxista.
3. In
Italia le origini e le vicende del movimento operaio furono tali che non si
costituì mai, prima della guerra, una corrente di sinistra marxista che avesse
un carattere di permanenza e di continuità. Il carattere originario del
movimento operaio italiano fu molto confuso; vi confluirono tendenze diverse,
dall'idealismo mazziniano al generico umanitarismo dei cooperatori e dei fautori
della mutualità e al bakuninismo, il quale sosteneva che esistevano in Italia,
anche prima dello sviluppo del capitalismo, le condizioni per passare
direttamente al socialismo. La tarda origine e la debolezza dell'industrialismo
fecero mancare l'elemento chiarificatore dato dalla esistenza di un forte
proletariato, ed ebbero come conseguenza, che anche la scissione degli anarchici
dai socialisti si ebbe con un ritardo di una ventina d'anni (1892, Congresso di
Genova).
Nel
Partito socialista italiano come uscì dal Congresso di Genova due erano le
correnti dominanti. Da una parte vi era un gruppo di intellettuali che non
rappresentavano più della tendenza a una riforma democratica dello Stato: il
loro marxismo non andava oltre il proposito di suscitare e organizzare le forze
del proletariato per farle servire alla instaurazione della democrazia (Turati,
Bissolati, ecc.). Dall'altra parte un gruppo più direttamente collegato con il
movimento proletario, rappresentante una tendenza operaia, ma sfornito di
qualsiasi adeguata coscienza teorica (Lazzari). Fino al '900 il partito non si
propose altri fini che di carattere democratico. Conquistata nel '900, la libertà
di organizzazione e iniziatasi una fase democratica, fu evidente la incapacità
di tutti i gruppi che lo componevano a dargli una fisionomia di un partito
marxista del proletariato. Gli elementi intellettuali si staccarono anzi sempre
più dalla classe operaia, né ebbe un risultato il tentativo, dovuto a un altro
strato di intellettuali e piccoli borghesi, di costituire una sinistra marxista
che prese forma nel sindacalismo.
Come
reazione a questo tentativo trionfò in seno al partito la frazione
integralista, la quale fu la espressione, nel suo vuoto verbalismo
conciliatorista, di una caratteristica fondamentale del movimento operaio
italiano, che si spiega essa pure con la debolezza dell'industrialismo, e con la
deficiente coscienza critica del proletariato. Il rivoluzionarismo degli anni
precedenti la guerra mantenne intatta questa caratteristica, non riuscendo mai a
superare i confini del generico popolarismo per giungere alla costruzione di un
partito di classe operaia e alla applicazione del metodo della lotta di classe.
Nel seno di questa corrente rivoluzionaria si incominciò, già prima della
guerra, a differenziare il gruppo di "estrema sinistra" il quale
sosteneva le tesi del marxismo rivoluzionario, in modo saltuario però e senza
riuscire ad esercitare sullo sviluppo del movimento operaio una influenza reale.
In questo
modo si spiega il carattere negativo ed equivoco che ebbe la opposizione del
Partito socialista alla guerra e si spiega come il Partito socialista si
trovasse, dopo la guerra, davanti ad una situazione rivoluzionaria immediata,
senza avere né risolto, né posto nessuno dei problemi fondamentali che la
organizzazione politica del proletariato deve risolvere per attuare i suoi
compiti: in prima linea il problema della "scelta della classe" e
della forma organizzativa ad essa adeguata; poi il problema del programma del
partito, quello della sua ideologia, e infine i problemi di strategia e di
tattica la cui risoluzione porta a stringere attorno al proletariato le forze
che gli sono naturalmente alleate nella lotta contro lo Stato e a guidarlo alla
conquista del potere. La accumulazione sistematica di una esperienza che possa
contribuire in modo positivo alla risoluzione di questi problemi si inizia in
Italia soltanto dopo la guerra. Soltanto col Congresso di Livorno sono poste le
basi costitutive del partito di classe del proletariato il quale, per diventare
un partito bolscevico e attuare in pieno la sua funzione, deve liquidare tutte
le tendenze antimarxiste tradizionalmente proprie del movimento operaio.
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