home  | teoriaindice Tesi |

Cinque anni di vita del partito

Resoconto dei lavori del III Congresso

di Antonio Gramsci

"L'Unità", 24 febbraio 1926  

[3] Il partito negli anni 1921-22

 

Un altro degli elementi di debolezza della nostra organizzazione è consistito nel fatto che tali problemi, data la difficoltà della situazione e dato che le forze del partito erano assorbite dalla lotta immediata per la propria difesa fisica, non divennero oggetto di discussione alla base e quindi elemento di sviluppo della capacità ideologica e politica del partito. Avvenne così che il I Congresso del partito, quello tenuto a Livorno nel teatro San Marco subito dopo la scissione, si pose solo dei compiti di carattere organizzativo immediato: formazione degli organismi centrali e inquadramento generale del partito. 

 

 

Il II Congresso avrebbe potuto e forse dovuto esaminare e impostare le suddette questioni, ma a ciò si opposero i seguenti elementi: 

 

1) il fatto che non solo la massa, ma anche una grande parte degli elementi più responsabili e più vicini alla direzione del partito ignoravano letteralmente che esistessero divergenze profonde ed essenziali fra la linea seguita dal nostro partito e quella sostenuta dall'Internazionale; 

 

 

2) l'essere il partito assorbito dalla lotta diretta fisica portava a sottovalutare le questioni ideologiche e politiche in confronto di quelle puramente organizzative. Era quindi naturale che sorgesse nel partito uno stato d'animo contrario a priori ad approfondire ogni questione che potesse prospettare pericoli di conflitti gravi nel gruppo dirigente costituitosi a Livorno; 

 

 

3) il fatto che l'opposizione rilevatasi al Congresso di Roma e che diceva essere la sola rappresentante delle direttive dell'Internazionale era, nella situazione data, un'espressione dello stato d'animo di stanchezza e di passività che esisteva in alcune zone del partito.

 

La crisi subita sia dalla classe dominante che dal proletariato nel periodo precedente l'avvento del fascismo al potere, pose nuovamente il nostro partito dinanzi ai problemi che il Congresso di Roma non aveva avuto la possibilità di risolvere. 

 

In che cosa consistette questa crisi? I gruppi di sinistra della borghesia, fautori a parole di un governo democratico che si proponesse di arginare energicamente il movimento fascista, avevano reso arbitro il Partito socialista di accettare o non accettare questa soluzione per liquidarlo politicamente sotto il cumulo della responsabilità di un mancato accordo antifascista. In questo modo di porre la questione da parte dei democratici era implicita la preventiva capitolazione dinanzi al movimento fascista, fenomeno che si riprodusse poi nella crisi Matteotti. 

 

 

Tuttavia tale impostazione se ebbe in un primo tempo il potere di determinare una chiarificazione nel Partito socialista, essendosi in base ad essa prodotta la scissione dei massimalisti dai riformisti, aggravava però la situazione del proletariato. Infatti la scissione rendeva infruttuosa la tattica proposta dai democratici, in quanto il governo di sinistra da questi prospettato doveva comprendere il Partito socialista unito, cioè significare la cattura della maggioranza della classe proletaria organizzata nell'ingranaggio dello Stato borghese, anticipando la legislazione fascista e rendendo politicamente inutile l'esperimento diretto fascista. 

 

 

D'altronde la scissione, come apparve più chiaramente in seguito, solo macchinalmente aveva portato a uno sbalzo a sinistra dei massimalisti, i quali, se affermavano di voler aderire all'Internazionale comunista e quindi di riconoscere l'errore commesso a Livorno, si muovevano però con tante riserve e reticenze mentali da neutralizzare il risveglio rivoluzionario che la scissione aveva determinato nelle masse, portandole così a nuove disillusioni e a una ricaduta di passività, di cui approfittò il fascismo per effettuare la marcia su Roma.  

-------------