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Cinque anni di vita del partito

Resoconto dei lavori del III Congresso

di Antonio Gramsci

"L'Unità", 24 febbraio 1926  

[12] La quistione agraria

 

Il partito ha cercato, per ciò che riguarda la sua azione tra i contadini, di uscire dalla sfera della semplice propaganda ideologica tendente a diffondere solo astrattamente i termini generali della soluzione leninista del problema stesso, per entrare nel terreno pratico dell'organizzazione e dell'azione politica reale. E' evidente che ciò era più facile da ottenersi in Italia che negli altri paesi perché nel nostro paese il processo di differenziazione delle grandi masse della popolazione è per certi aspetti più avanzato che altrove, in conseguenza della situazione politica attuale. 

 

 

D'altronde una tale quistione, dato che il proletariato industriale è da noi solo una minoranza della popolazione lavoratrice, si pone con maggiore intensità che altrove. Il problema di quali siano le forze motrici della rivoluzione e quello della funzione direttiva del proletariato si presentano in Italia in forme tali da domandare una particolare attenzione del nostro partito e la ricerca di soluzioni concrete ai problemi generali che si riassumono nell'espressione: quistione agraria. 

 

 

La grande maggioranza del congresso ha approvato l'impostazione che il partito ha dato a questi problemi e ha affermato la necessità di una intensificazione del lavoro secondo la linea generale già parzialmente applicata. In che cosa consiste praticamente questa attività? Il partito deve tendere a creare in ogni regione delle unioni regionali dell'Associazione di difesa dei contadini: ma, entro questi quadri organizzativi più larghi, occorre distinguere quattro raggruppamenti fondamentali delle masse contadine, per ognuno dei quali è necessario trovare atteggiamenti e soluzioni politiche ben precise e complete. 

 

 

Uno di questi raggruppamenti è costituito dalle masse dei contadini slavi dell'Istria e del Friuli, la cui organizzazione è legata strettamente alla quistione nazionale. Un secondo è costituito dal particolare movimento contadino che si riassume sotto il titolo di "Partito dei contadini" e che ha la sua base specialmente nel Piemonte; per questo raggruppamento, di carattere aconfessionale e di carattere più strettamente economico, vale l'applicazione dei termini generali della tattica agraria del leninismo, dato anche il fatto che tale raggruppamento esiste nella regione in cui esiste uno dei centri proletari più efficienti in Italia. 

 

 

I due altri raggruppamenti sono di gran lunga i più considerevoli e sono quelli che domandano la maggiore attenzione del partito, e cioè: 

 

1) la massa dei contadini cattolici, raggruppati nell'Italia centrale e settentrionale, i quali sono direttamente organizzati dall'azione cattolica e dall'apparato ecclesiastico in generale, cioè dal Vaticano; 

 

 

2) la massa dei contadini dell'Italia meridionale e delle isole.

 

Per ciò che riguarda i contadini cattolici, il congresso ha deciso che il partito deve continuare e deve sviluppare la linea che consiste nel favorire le formazioni di sinistra che si verificano in questo campo e che sono strettamente collegate alla crisi generale agraria iniziatasi già prima della guerra nel centro e nel nord d'Italia. Il Congresso ha affermato che l'atteggiamento assunto dal partito verso i contadini cattolici, sebbene contenga in sé alcuni degli elementi essenziali per la soluzione del problema politico-religioso italiano, non deve in nessun modo condurre a favorire i tentativi, che possono nascere, di movimenti ideologici di natura strettamente religiosa. Il compito del partito consiste nello spiegare i conflitti che nascono sul terreno della religione come derivanti dai conflitti di classe e nel tendere a mettere sempre in maggior rilievo i caratteri di classe di questi conflitti e non, viceversa, nel favorire soluzioni religiose dei conflitti di classe, anche se tali soluzioni si presentano come di sinistra in quanto mettono in discussione l'autorità dell'organizzazione ufficiale religiosa. 

 

 

La quistione dei contadini meridionali è stata esaminata dal congresso con particolare attenzione. Il congresso ha riconosciuto esatta l'affermazione contenuta nelle tesi della Centrale, secondo la quale la funzione della massa contadina meridionale nello svolgimento della lotta anticapitalistica italiana deve essere esaminata a sé e portare alla conclusione che i contadini meridionali sono, dopo il proletariato industriale e agricolo dell'Italia del nord, l'elemento sociale più rivoluzionario della società italiana. 

 

 

Quale è la base materiale e politica di questa funzione delle masse contadine del sud? I rapporti che intercorrono tra il capitalismo italiano e i contadini meridionali non consistono solamente nei normali rapporti storici tra città e campagna, quali sono stati creati dallo sviluppo del capitalismo in tutti i paesi del mondo; nel quadro della società nazionale questi rapporti sono aggravati e radicalizzati dal fatto che economicamente e politicamente tutta la zona meridionale e delle isole funziona come una immensa campagna di fronte all'Italia del Nord, che funziona come una immensa città. 

 

 

Una tale situazione determina nell'Italia meridionale il formarsi e lo svilupparsi di determinati aspetti di una quistione nazionale, se pure immediatamente essi non assumano una forma esplicita di tale quistione nel suo complesso, ma solo di una vivacissima lotta a carattere regionalistico e di profonde correnti verso il decentramento e le autonomie locali. 

 

 

Ciò che rende caratteristica la situazione dei contadini meridionali è il fatto che essi, a differenza dei tre raggruppamenti precedentemente descritti, non hanno nel loro complesso nessuna esperienza organizzativa autonoma. Essi sono inquadrati negli schemi tradizionali della società borghese, per cui gli agrari, parte integrante del blocco agrario-capitalistico, controllano le masse contadine e le dirigono secondo i loro scopi. 

 

 

In conseguenza della guerra e delle agitazioni operaie del dopoguerra che avevano profondamente indebolito l'apparato statale e quasi distrutto il prestigio sociale delle classi superiori nominate, le masse contadine del Mezzogiorno si sono risvegliate alla vita propria e faticosamente hanno cercato un proprio inquadramento. Così si sono avuti movimenti degli ex combattenti e i vari partiti cosiddetti di "rinnovamento" che cercavano di sfruttare questo risveglio della massa contadina, qualche volta secondandolo come nel periodo dell'occupazione delle terre, più spesso cercando di deviarlo e quindi consolidarlo in una posizione di lotta per la cosiddetta democrazia, come è ultimamente avvenuto con la costituzione della "Unione nazionale". 

 

 

Gli ultimi avvenimenti della vita italiana che hanno determinato un passaggio in massa della piccola borghesia meridionale al fascismo, hanno resa più acuta la necessità di dare ai contadini meridionali una direzione propria per sottrarsi definitivamente all'influenza borghese agraria. 

 

 

Il solo organizzatore possibile della massa contadina meridionale è l'operaio industriale, rappresentato dal nostro partito. Ma perché questo lavoro di organizzazione sia possibile ed efficace occorre che il nostro partito distrugga nell'operaio industriale il pregiudizio inculcatogli dalla propaganda borghese che il Mezzogiorno sia una palla di piombo che si oppone ai più grandi sviluppi dell'economia nazionale e distrugga nel contadino meridionale il pregiudizio ancora più pericoloso per cui egli vede nel nord d'Italia un solo blocco di nemici di classe. 

 

 

Per ottenere questi risultati occorre che il nostro partito svolga un'intensa opera di propaganda anche nell'interno della sua organizzazione per dare a tutti i compagni una coscienza esatta dei termini della quistione, la quale, se non sarà risolta in modo chiaroveggente e rivoluzionariamente saggio per noi, renderà possibile alla borghesia, sconfitta nella sua zona, di concentrarsi nel sud per fare di questa parte d'Italia la piazza d'armi della sua controrivoluzione. 

 

 

Su tutta questa serie di problemi, l'opposizione di estrema sinistra non riuscì a dire che delle barzellette e dei luoghi comuni. La sua posizione essenziale fu quella di negare aprioristicamente che questi problemi concreti esistono in sé, senza nessuna analisi o dimostrazione neanche potenziale. Si può dire anzi che appunto nei riguardi della quistione agraria, apparve la vera essenza della concezione dell'estrema sinistra, la quale consiste in una specie di corporativismo che aspetta meccanicamente dal solo sviluppo delle condizioni obiettive generali la realizzazione dei fini rivoluzionari. Tale concezione fu, come abbiamo detto, nettamente rigettata dalla stragrande maggioranza del congresso.

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