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Congresso unitario PDCI Cento e Bondeno. 10 ottobre 2005

Relazione di Elena Grimaldi segretaria sezione di CENTO

Siamo qui questa sera per il nostro congresso di sezione di Cento insieme  ai compagni della sezione di Bondeno, di Poggio Renatico, Vigarano Mainarda, Mirabello e S. Agostino  per dare vita ad un'unica sezione dell'Alto Ferrarese che avrà come sede Cento. Una decisione che è stata presa dopo attente considerazioni per riuscire a coordinare in maniera più precisa e operativa il lavoro per una presenza continua ed efficace sul territorio.

Il dibattito che ha inizio questa sera  si allargherà poi a livello provinciale e quindi regionale per affrontare attraverso  un processo di analisi ampia non solo le  problematiche relative alla nostra riorganizzazione  interna e al confronto politico su cui essa si deve costruire, ma per aprire un ampio dibattito con tutte le forze del centro-sinistra e con quanti cercano oggi di comprendere la difficile e dolorosa situazione che stiamo vivendo e nella quale pure a fatica dobbiamo muoverci per trovare insieme le necessarie soluzioni.

E' necessario individuare i principali nodi che dobbiamo sciogliere per avviare un lavoro che ci porti ad una vera unità tra le forze alleate; un cammino di cui non ci nascondiamo le difficoltà, ma  che nello stesso tempo ci appassiona e perciò ci trasmette l’entusiasmo necessario per andare avanti. Ecco perché quello di questa sera deve rappresentare per tutti noi un momento vitale dove tutta la nostra onestà e capacità politica e progettuale deve trovare spazio visibile, dove ognuno con il proprio linguaggio fuori da ogni conformismo possa esprimere  le proprie convinzioni utili a costruire un percorso comune. Il compito che abbiamo è preciso e chiaro: lavorare per rappresentare in concreto la realtà locale nostra, i problemi che conosciamo direttamente in relazione a quelli più vasti della nostra nazione e del mondo.

Le domande che ci dobbiamo fare sono tante su come si vive e si lavora nel nostro comune e nella nostra provincia ma in particolare dobbiamo chiederci dove sono i nostri giovani,  quali aspirazioni riescono ancora a coltivare quale relazione esiste oggi tra noi e loro tra il mondo della politica la loro vita quotidiana.

 

Anche se chiusi nella sicurezza delle nostre case stiamo tutti vivendo una guerra lontana le cui ragioni ormai risultano chiare a tutti, e che  sono ben lontane e diverse da quelle che ci hanno voluto far credere all'inizio. E la pace rimane per noi – e non solo per noi – il bene supremo. La guerra come inutile e inefficace strumento per combattere un terrorismo che si è rinvigorito che  sta colpendo alla cieca e che minaccia sempre più il mondo occidentale allargando insieme i propri consensi tra chi è colpito quotidianamente da lutti e sofferenze, atrocità e distruzioni. Questa la conseguenza di una cultura politica che ha voluto credere nella guerra come manifestazione di potenza, mentre al contrario ne sta rivelando tutta l'incapacità e debolezza.

L'amministrazione Bush appare sempre più isolata davanti all'intensificarsi delle manifestazioni per la pace in tutte le parti del mondo a cui si stanno affiancando quelle del suo popolo. A Washington Cindy Sheenan,  simbolo delle madri d'America, pretende risposte sull'inutile strage dei figli: “Fermiamo questi criminali fuori controllo che hanno infangato le immagini del nostro paese con le torture”. Parole di fuoco. Trecentomila intorno a lei. Una svolta nella coscienza di un popolo che ci riporta ad altri momenti del passato.

 

 

Una mobilitazione che è cresciuta nel tempo e che anche qui ci deve vedere sempre impegnati per riconfermare sempre e comunque la nostra volontà di difendere valori quali la pacifica convivenza e la solidarietà in particolare verso i popoli che più hanno sofferto e soffrono condizioni di sfruttamento economico e di povertà per noi inimmaginabili, contro questo nostro governo di centro-destra che ha compiuto scelte sconsiderate in totale sottomissione alla superpotenza americana diventando complice nell'attacco all'ONU per delegittimare il ruolo dell'Europa e la sua capacità di contare come soggetto politico nella politica internazionale.

Il nostro partito non ha mai avuto dubbi e da sempre ha sostenuto che noi dobbiamo andarcene dall'Irak. Questo è l'unico gesto possibile per restituire all'Italia quel ruolo di cerniera del Mediterraneo svolto nel passato.

E se in Europa il nostro ruolo è stato in questi ultimi anni vistosamente mortificato che dire dell'azione di governo che in questi anni è stata condotta nei confronti dei problemi interni del nostro paese? Dopo avere risolto le questioni private del premier Berlusconi con tutta la serie delle leggi ad personam (non dimentichiamo mai che a questo hanno contribuito tutti i partiti alleati nella Casa delle Libertà  - UdC, Follini e Casini in testa; non dimentichiamo per favore la solerzia di Casini nei confronti di Dell'Utri al suo recente processo) stanno oggi progettando una legge-truffa  che tenta di stravolgere le regole-base su cui si fonda ogni democrazia e di parare con artifici legislativi una maggioranza che il centrodestra non ha più. Legittima e opportuna la decisione assunta da tutta l'Unione di bloccare con ogni mezzo l'attività del Parlamento. E’ di questi giorni l'assoluzione di Berlusconi dall'accusa di falso in bilancio nel processo All Iberian (22 miliardi destinati al vecchio PSI di Craxi) non per non aver commesso il fatto, ma perché il fatto, grazie ad una legge da lui stesso e a tale scopo approvata dalla sua maggioranza, non è più reato. In altre parole Berlusconi, colpevole, non è per questo reo davanti alla legge.

 Tutto ciò mentre il paese sta profondando in una delle più gravi crisi economiche mai conosciute: le famiglie non arrivano alla fine del mese, i giovani non possono sposarsi, insicurezza e povertà stanno allargandosi a strati sempre più vasti della popolazione e conosciamo tutti le risposte date al nostro capo del governo in proposito: gli italiani vivono tranquilli, è tutto frutto del catastrofismo della sinistra. 

Mentre Siniscalco dimissionario viene sostituito da un Tremonti sempre più creativo e lontano dal mondo reale, è stata fatta una finanziaria che colpisce lo stato sociale, la sanità, le autonomie locali, svende ciò che resta del patrimonio dello stato, nessun taglio all'Irap, introduce nuove tasse  mentre sottrae l'ICI agli immobili della Chiesa. Tutto a colpi di “una tantum” senza pensare ad interventi strutturali, scaricando i problemi reali sul prossimo governo. Del resto è proprio di questi giorni la notizia dall'ufficio statistico dell'UE, che ha rivisto al rialzo il rapporto deficit-PIL dell'Italia per il 2003-04 (gli anni d'oro di Tremonti): il rapporto è pari al 3,2%, lo 0,1 in più rispetto al dato fornito a maggio da Tremonti; mentre nella zona euro è sceso dal 3,0% al 2,7%: una “deriva virtuosa” da cui l 'Italia  continua ad allontanarsi mentre sappiamo ora, che nei primi sei esi dell'anno l'indebitamento italiano ha superato il 5% del PIL (il 5,1%): il che significa che la finanziaria di Tremonti è ben lontana dall'essere rigorosa e responsabile – come lui ci vuol fare creder -, ma del tutto inadeguata a colmare i molti buchi prodotti nel passato.

 

La consapevolezza di tale profonda incapacità del nostro governo sta crescendi tra gli italiani e ciò produce trasformazioni che ci fanno sperare in una prossima crisi definitiva del blocco politico-sociale che si è costruito intorno al partito-azienda e alle forze a lui vicine. Trasformazioni che ci rendono ottimisti in vista delle prossime elezioni. In questi ultimi tre anni le diverse scadenze elettorali ci hanno dato ragione e hanno messo in luce il declino inarrestabile della Casa delle Libertà e in particolare di Forza Italia, declino che ha avuto come immediata conseguenza lo scatenarsi di una guerra  interna al centro-destra senza esclusione di colpi, mentre sono sempre più numerosi i topi che abbandonano la nave. Una nave che affonda aggiungiamo noi.

 

Questo il quadro generale, molto preoccupante sì, ma che nello stesso tempo offre a noi spiragli di prospettiva e insieme un vasto terreno su cui è necessario lavorare. La nostra attenzione deve oggi, qui, questa sera privilegiare le questioni e le situazioni che la nostra regione, l'Emilia-Romagna ci mette davanti, perché è su queste che noi dobbiamo esprimere in questa fase le nostre valutazioni e costruire la linea politica su cui fondare la nostra  attività di partito. E' il caso qui di  ricordare velocemente quello che ha rappresentato nella nostra storia il modello emiliano di sviluppo che doveva – e che dovrà secondo noi – continuare ad essere un modello per le scelte necessarie al perseguimento dell'interesse generale: art. 3 della Costituzione:  E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli ... che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del paese” .

Il ruolo del nostro partito sta proprio qui, in questa continuità con un passato che ha dato alla nostra Regione un ruolo preminente come modello di sviluppo economico aperto ai bisogni di tutti gli strati sociali;  intendiamo continuare a rappresentare una via per tutti alla partecipazione democratica, per contare nelle amministrazioni pubbliche, per operare scelte nell'interesse generale secondo linee di sviluppo condivise. Questo il dato centrale della presenza dei comunisti che continuano a volersi chiamare comunisti proprio per questo. E questo noi vogliamo fare comprendere a chi ci guarda e ci ascolta. Intendiamo attraverso un'organizzazione la più capillare possibile radicarci sul territorio attraverso una consapevole presa di coscienza dei problemi delle persone in carne ed ossa con cui vogliamo confrontarci e che dovremo cercare di rappresentare nel modo più concreto e definito. In questo consiste la democrazia: nella rappresentazione costruita attraverso competenze specifiche, realizzata sul campo. A questo devono mirare i nostri quadri dirigenti per sapere interpretare i bisogni di chi vive situazioni di disagio e difficoltà e per saperne indicare le possibili soluzioni. In ciò consiste l’idea di voler costruire ed esprimere una cultura politica che sia di governo, un governo a cui noi legittimamente aspiriamo, sapendo di averne tutte le prerogative e  capacità.

Il nostro è un Partito che nel proprio statuto ha voluto in maniera molto  precisa stabilire che la presenza della donne nei quadri dirigenti deve essere pari al 50% e devo dire che in provincia di Ferrara il partito cerca con uno sforzo continuo di adeguarsi a questa norma. Qual è la reale situazione nella politica italiana della presenza femminile? E' doveroso da parte nostra tentare almeno di comprendere la dimensione del problema. Nel Senato le donne rappresentano l'8% di presenze, alla Camera arrivano all'11,3. Questo già ci dà un'idea della situazione. Se proviamo a fare i confronti con i paesi del resto dell'Europa, scopriamo che nei paesi del Nord (Svezia Danimarca, Finlandia Olanda e Germania) la percentuale della presenza femminile è compresa tra il 42 e il 32%. Seguono Spagna Austria, Belgio con percentuali tra il 28 e il 23%. Portogallo, Regno Unito Irlanda si attestano tra il 18,7% e il 12%. Infine Francia Italia e Grecia sono tra il 10 e l'8%. Per tornare al nostro paese, al momento attuale la presenza delle donne nelle Regioni varia a seconda delle cariche ricoperte: dal 5% per donne-presidente al 13,2% per donne-assessore all'8,4% per donne-consigliere. Infine donne presidenti di provincia o sindaco raggiungono la metà circa delle percentuali appena espresse. Le donne, che rappresentano il 52% della popolazione italiana, riescono a raggiungere insomma livelli minimi di presenza nelle istituzioni: siamo al 69mo posto dopo nazioni come Zimbabwe e Camerun. E' chiaro dunque che la volontà espressa nel nostro statuto nasce da un'esigenza profonda, anche se credo non ci si debba fermare alle dichiarazioni d'intenti. E' necessario lavorare per metter in luce gli ostacoli che impediscono una partecipazione femminile alla vita politica, è necessario modificare probabilmente il nostro modo di agire, per superare una situazione che non è più accettabile da un partito come il nostro. Crediamo prima di tutto che si a necessario attivare politiche della tolleranza e dell'accoglienza affinché le donne sentano di poter esprimere le proprie opinioni, che sono sicuramente il frutto di una diversa e specifica esperienza di vita e di lavoro. 

E insieme il mondo e i temi del lavoro devono rimanere al centro della nostra azione e del nostro interesse politico: “la battaglia  contro la precarizzazione del lavoro e il tema della sicurezza sul luogo di lavoro devono costituire una priorità nella produzione di iniziativa politica” - parole che cito dal documento congressuale per confermare un impegno di volere con determinazione dare rappresentanza ad una classe operaia diventata in questi anni inspiegabilmente invisibile.

In primisnoi poniamo la richiesta di abrogazione della Legge 30 (su questo tema abbiamo già lavorato attraverso raccolta firme), una legge che ben lontana dal risolvere i problemi della nostra economia, ha invece tolto ad un'intera generazione la sicurezza di una vita economicamente serena e dignitosa, privandola delle prospettive necessarie di cui ha goduto invece la nostra generazione.

E sempre per questo scopo riteniamo importante e centrale la difesa del nostro patrimonio industriale e produttivo, che rappresenta la ricchezza necessaria per un possibile rilancio dello sviluppo, in netto contrasto con quanto è avvenuto e sta avvenendo (conversione del capitale industriale in operazioni immobiliari e finanziarie).

A Prodi già da tempo chiediamo, insieme alla abrogazione della Legge 30 la cancellazione della cosiddetta riforma Moratti, che – pezzo a pezzo – ci sta togliendo un bene che insieme con tanta fatica abbiamo costruito dal dopoguerra ad oggi, la Scuola pubblica, che ha rappresentato e rappresenta la crescita culturale delle nuove generazioni, qualità del sapere nella laicità unica garanzia per un'equilibrata crescita individuale e generazionale; una scuola garanzia di sviluppo della ricerca per una più avanzata produzione a difesa della nostra economia. Questi i  baluardi per combattere il disagio giovanile: uno sviluppo che rispetti la qualità della loro vita in un ambiente che li salvaguardi nella salute del corpo e della mente.

Queste sono le nostre priorità di lavoro. Ma è altrettanto vero che è necessario costruire insieme alle altre forze politiche del centro-sinistra proposte capaci di costruire una forte unità per allargare il consenso, unità che dai partiti si allarghi alle associazioni, ai movimenti, alle singole persone, che condividono con noi il desiderio di contrastare questo governo e di sconfiggerlo: dovremo perciò raccogliere le diverse idealità, i progetti, le richieste e – laddove possibile – raggiungere ragionevole sintesi. Questa dovrà essere l'Unione, espressione di idee con una guida capace di rappresentarne la necessaria coesione e di tradurla in forza operativa. Per questo compito da sempre abbiamo indicato Romano Prodi non perché in tutto e su tutto siamo stati o pensiamo di essere oggi e in futuro in perfetta sintonia, con le sue decisioni e le sue singole proposte, ma perché vediamo in lui l'unica persona possibile oggi in grado di mantenere unita la coalizione e per questo capace di sconfiggere alle prossime elezioni il governo di centro-destra. Questo è il nostro ragionamento di fondo, e su questo vogliamo essere compresi, convinti che sia questa oggi la contraddizione principale da risolvere e su cui misurarci. Starà sempre a noi contemporaneamente, ma anche nei momenti successivi, far valere le nostre proposte, le nostre priorità, nella misura in cui riusciremo a far crescer consenso intorno a loro:  in modo democratico, nel civile confronto; perché è così che si muove la storia, nelle sue diverse e successive tappe e trasformazioni rifuggendo da ogni forma di velleitarismo dogmatico che finisce inevitabilmente per prevaricare le aspettative di chi ci ha dato fiducia.

Proprio per questo da tempo lavoriamo ad una proposta avanzata più volte, rivolta a tutti i partiti che si collocano a sinistra, di costruire insieme una confederazione, la confederazione della sinistra, appunto, capace di tenere unite - pur nel rispetto delle autonomie e delle differenze – le diverse forze che si collocano su questo terreno in un progetto comune, per un lavoro che a - sinistra -  si dimostra sempre più necessario  e vitale.

E' di questi giorni l'avvio della lista Arcobaleno che non intende essere soltanto una possibile alleanza elettorale, ma un progetto di costruzione a sinistra che vede già coinvolti                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 i Verdi di Pecoraro Scanio, un pezzo significativo del sindacato,  la Camera di consultazione di Asor Rosa, e parti importanti  dei movimenti e dell'associazionismo; e questo fuori e al di là di ogni volontà di strumentalismo o egemonia di persone, per la inequivocabile necessità di dare vita ad una sinistra forte e progettuale con una presenza di molteplici soggetti sociali ed economici.

 

Oggi noi siamo qui per confermare la nostra adesione alla richiesta di partecipare alla primarie, per  dare forza a Prodi, perché conosciamo le vicende che lo hanno spinto a questa decisione. Noi non abbiamo mai espresso simpatia per questo modo di procedere per le primarie, che non rappresentano a nostro avviso un'espressione di democrazia, ma una deriva plebiscitaria che nulla ha a che vedere con il nostro sistema elettorale. Nonostante questa nostra posizione più volte espressa, intendiamo – per i motivi già detti – partecipare e  lavorare perché queste abbiano un esito positivo, nella convinzione di dover dare alla coalizione una guida, la più sicura e garantita possibile.

 


 

Cento da sempre rappresenta una realtà difficile politicamente perché se la politica deve riuscire a  dare rappresentanza alla realtà sociale ed economica, è chiaro che nel nostro caso il problema sta proprio nel fatto che il nostro territorio presenta una situazione economicamente e socialmente complessa e  variegata caratterizzata da molteplici contraddizioni non sempre di immediata  comprensione.

 E' il nostro un distretto industriale ricco di possibilità, che rappresenta un'area privilegiata nello stesso territorio dell'alto ferrarese e dell' intera provincia. Una realtà lavorativa in trasformazione, forte di una industria metalmeccanica che ha sicuramente conosciuto nel passato tempi migliori, con una presenza artigianale molteplice, che dovrebbe essere continuamente da noi monitorata per comprenderne i  possibili sviluppi e le difficoltà.

Negli ultimi anni la produzione e l'occupazione hanno tenuto meglio che in altri distretti ma rimane l'incertezza per il futuro, determinata in primo luogo da una mancanza di programmazione concertata  a livello locale. Spesso la nascita di nuove imprese per altro compensata dalla chiusura di altre maschera l'attività di contoterzismo che non è un segnale positivo, in quanto indice di un'eccessiva frammentazione produttiva che spesso risulta a lungo termine incapace di tenuta sul mercato.  Spesso si tratta ad esempio di piccole imprese di edilizia gestite da non-comunitari, che vivono di subappalti senza garanzie di continuità. Questo aspetto di precarizzazione si lega con la tendenza da anni consolidata all'interno di precisi settori della borghesia locale di spostare il capitale dall'industria all' edilizia. Questo trend sì è consolidato in 13 anni di amministrazione “civica” che ha sistematicamente assecondato la speculazione – attraverso una programmazione urbanistica che consente interventi di edificazione, su un territorio già ad alta densità abitativa, fino ad arrivare a più di 600 abitanti per kmq. Non può esservi via d'uscita a questa situazione (anche se confortata dalla attuale tenuta occupazionale di alcune grandi industrie  metalmeccaniche) diversa da quella di un progetto comune sostanziato dall'intervento sinergico di tutte le componenti sociali e istituzionali, per trasformare il centese e l'Alto Ferrarese in un territorio che produce know-how (sapere e  conoscenza che provengono dalla ricerca applicata)  prima ancora che da produzione di manufatti. Necessita quindi un legame stabile tra imprese,  formazione, università, ricerca, tecnologia, forze sociali e associative ed enti locali.  Il problema non può essere certamente alla portata del singolo Comune. Si tratta di agganciare – oltre alle realtà locali – i centri decisionali (anche multinazionali) che hanno attualmente parte della loro produzione a Cento. Questi interventi di programmazione possono essere fatti solo mettendo in campo una rete di comuni, la Provincia e la Regione. Tutte prospettive che sfuggono all'attuale amministrazione “civica”, che non è mai riuscita ad affrontare con la necessaria competenza la messa a punto delle infrastrutture in particolare per il contesto sociale urbanistico e dei servizi.

 Ci riferiamo in particolare alla debolezza del sistema viario ancora privo di adeguati collegamenti con i corridoi nazionali e internazionali. Ci riferiamo al legame con Parma e Brennero tramite la Cispadana, ancora in fase di progettazione, e all'ipotetico collegamento con il passante Nord di Bologna. Incapacità anche di affrontare il problema casa: 1000 appartamenti sfitti secondo i sindacati, avendo rifiutato l'amministrazione comunale l'accordo proposto dal SUNIA, per accedere ai cosiddetti “contratti concordati” che agevolerebbero i locatori attraverso agevolazioni fiscali.

Dal 1993 ad oggi del resto Alleanza per Cento - che si è presentata fin dall'inizio all'insegna della non-politica dichiarando di voler affrontare esclusivamente i problemi concreti -  ha trasformato attraverso deroghe su deroghe al Piano Regolatore  l'assetto urbanistico della nostra città non attraverso una progettazione complessiva, secondo criteri costruiti nell'interesse comune ma seguendo la politica delle singole cose, dei rapporti con i singoli individui, in un intrico di interessi che non lascia spazio alle più semplici regole di democrazia e trasparenza, nel completo rifiuto alla collaborazione con le forze di opposizione. 

La gestione del Carnevale, il trasloco del monumento del Guercino, la vicenda dei Giardini Ugo Bassi sono stati i momenti di maggiore evidenza, affrontati dai nostri amministratori, senza tenere in alcuna considerazione le richiesta avanzate dai cittadini.

La popolazione è aumentata  in questi anni anche grazie alla sempre più considerevole presenza di immigrati non-comunitari, che dal 3,44% del 2003 stanno superando ormai il 5% dei residenti. Presenza che sta diventando sempre più evidente non solo tra la popolazione scolastica – con tutte le problematiche che ne derivano, prima fra tutte la necessità di un supporto linguistico e culturale, ma nelle attività commerciali e produttive sempre più numerose e delle collaboratrici domestiche e badanti, divenute insostituibile sostegno per l'assistenza agli anziani. Una realtà destinata sicuramente ad aumentare, a cui il nostro partito ha voluto dedicare particolare attenzione per comprenderne le dinamiche, nella convinzione che si pone qui in tutta la sua gravità   il tema della sicurezza: intolleranza e razzismo rappresentano un terreno fecondo per la Lega e insieme un grave pericolo culturale per le nuove generazioni. E' bene non dimenticare quanto è avvenuto quest'estate, mi riferisco all'intervento di Borghezio, che si è trovato la strada spianata da uno dei nostri assessori.

E' necessario un forte impegno per una vasta battaglia culturale che ci faccia crescere superando le posizioni di chiusura, verso una nuova coscienza rivolta a comprendere che la diversità è ricchezza per tutti. Questo è un lavoro che – auspichiamo  con forza - non dovrà essere più fatto all'insegna dello strumentalismo, ma nel pieno rispetto dell'autonomia che le organizzazioni dei non-comunitari stanno dandosi: vogliono contare di più, intendono arrivare a partecipare a pieno titolo alla vita politica del nostro paese, chiedono di avere delle rappresentanze decisionali nelle sedi istituzionali.

 

 

L'aumento della popolazione (che dal 2001 al 2004 è passato da 30 mila unità a 31 mila e oltre) ci porta direttamente ad occuparci del nostro presidio ospedaliero, il Santissima Annunziata, che si configura, da un punto di vista prettamente tecnico-legislativo come un DEA (dipartimento Emergenza Accettazione) di primo livello, cioè privo di importanti specialità mediche e chirurgiche. Un ospedale il nostro intensamente impegnato: per fare qualche numero ad esempio, il Pronto Soccorso deve affrontare all'incirca una media di un centinaio di prestazioni giornaliere e in medicina e geriatria i 60 posti letto a disposizione sono spesso insufficienti. Di fatto l'aumento della vita media e soprattuto l 'intensificarsi del processo di immigrazione stanno portando l'ospedale verso una sorta di collasso soprattutto in alcuni reparti. A questo si aggiungano i disagi dovuti ai lavori di ristrutturazione che non riescono a trovare conclusione e la mancanza di un sufficiente numero di parcheggi.

Un tema quello della sanità, comunque a rischio,  a seguito delle ultime finanziarie che hanno sempre tagliato nel campo dei servizi pubblici. Questi alcuni tra i temi caldi su cui dovremo misurarci alle prossime alle prossime elezioni amministrative: l'Unione – costituitasi a Cento alla fine di luglio -  deve immediatamente diventare operativa, visto che dovrà in questi mesi conquistare quell'elettorato che si è già progressivamente spostato verso di noi, e che vuole che il nostro Comune  ritorni ad una situazione di normalità. E' necessario un ritorno alla politica e ai suoi valori, garanzie di un progetto per la crescita e lo sviluppo della nostra città. Nell'Unione sono confluite tutte le forze politiche presenti sul territorio dal centro alla sinistra: otto partiti decisi a collaborare  nella convinzione che le condizioni per vincere oggi ci siano tutte. E' nella nostra volontà costruire un programma comune attraverso un dialogo aperto con tutte le forze democratiche, movimenti e associazioni, rappresentanze economiche e sociali presenti nel nostro territorio, perché questo ci darà la possibilità e la forza di farci comprendere da tutto quell'elettorato che ha nelle ultime tornate elettorali abbandonato il voto a sinistra o non è andato a votare. Dobbiamo ritrovare le forme della visibilità e della comunicazione giuste non possiamo  più permetterci il lusso di non farci capire.

 

Il nostro è un partito piccolo a Cento, ma in buona salute. La nostra sezione è cresciuta, e non solo numericamente. Abbiamo cercato di fare conoscere le nostre proposte all'esterno e abbiamo sempre lavorato per intensificare il processo di unità all'interno della coalizione di centro-sinistra. Alle elezioni provinciali del 2004 il nostro partito si è attestato nel comune sul 4,34% con il risultato – ad di là di ogni aspettativa – dell'elezione di un nostro consigliere in provincia. Tale risultato è stato confermato alle elezioni regionali di quest'anno, segno inequivocabile che ormai il consenso intorno a noi c'è, si sta consolidando, in un territorio da sempre considerato da tutti molto difficile per un lavoro politico a sinistra: il che ci conforta nella convinzione che esista un elettorato che vuole attraverso noi dare visibilità alle proprie aspirazioni.

Ci poniamo oggi l'obiettivo di costruire la sezione dell'Alto Ferrarese, il che significa di fatto stabilire un rapporto diretto con tutti coloro che lavorano su questo territorio: non sarà facile e sarà necessaria la collaborazione fattiva da parte di tutti sia per quanto attiene all'analisi politica che  - sul piano operativo - per l'organizzazione e la messa a punto delle  iniziative da costruire per avvicinare le persone, primi fra tutti i giovani. E' un fatto che noi abbiamo bisogno di grande visibilità, siamo spesso oscurati sulla stampa e da tutti i mezzi di comunicazione -  una visibilità che ci dobbiamo costruire con le nostre forze, mai in modo provocatorio o autoreferenziale.

Ci dobbiamo presentare per quello che siamo senza forzature, senza inutili e vuote esibizioni: con    coerenza e continuità dovremo far comprendere a tutti che noi lavoriamo sui problemi reali, in relazione ai bisogni dei lavoratori per la realizzazione dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione.

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