home

URANIO IMPOVERITO NEGLI ALIMENTI CHE IMPORTiAMO DA BOSNIA E KOSOVO?

Il ministro della salute, con un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale  del 28 ottobre 2004, ha avviato un programma di monitoraggio sugli alimenti provenienti da Kosovo e dalla Bosnia Erzegovina alla ricerca di due contaminanti chimico-fisici: uranio e arsenico. Questa iniziativa, a così grande distanza dalla fine del conflitto, pone alcune domande inquietanti.

 Ci si chiede se il ministro Sirchia sia a conoscenza di nuovi sviluppi sulla questione “uranio impoverito” e sulla cosiddetta Sindrome Balcani o se si tratti del solito ritardo burocratico italiano e che l’iter sia iniziato nel 2000 e terminato a fine 2004.

Certo è che se risultassero positive le ricerche la radioattività nei Balcani è a tutt’oggi molto alta a distanza di 9 anni dalla fine della guerra in Bosnia e a 5 da quella Kosovo con gravi rischi per la popolazione residente e per quella  delle nazioni che esportano derrate alimentari tra cui l’Italia.

Come riferisce il sito http://www.osservatoriobalcani.org/ in passato una ricerca svolta dall’UNEP in Bosnia ha riscontrato livelli di radioattività nelle zone colpite con proiettili all’uranio impoverito, ma Pekka Haavisto, responsabile di quella missione avvenuta nel 2002, aveva tenuto a precisare che in ogni caso erano intervenuti tardi e che quindi le analisi fatte in quell’occasione poco potevano dire rispetto ai tassi di contaminazione raggiunta negli anni precedenti. Ora il monitoraggio Italiano arriva in ritardo di altri due anni dalla missione UNEP”

Sulla morte dei nostri soldati c’è un’ipotesi che sta verificando la dottoressa Antonietta Gatti dell’Università di Modena e responsabile del progetto APPROCCIO DI BIOGEGNERALISMO ALLA SINDROME DEI BALCANI: secondo la dottoressa i tumori e le leucemie riscontrante nei nostri soldati non sarebbero legati direttamente alla esposizione alla radioattività, bensì alle nano particelle non biocompatibili che si formano durante le esplosioni ad alte temperature, tipiche dei proiettili all’uranio impoverito e al tugsteno. Polveri che poi entrano nella catena alimentare e così nel corpo umano.

Dunque in base ai risultati ottenuti dalla dottoressa Gatti, la presenza di queste nanoparticelle non biocompatibili nei tessuti umani di soggetti affetti da tumore è da ritenersi altamente correlabile all’insorgere della malattia, quindi non basterebbe riscontrare una bassa percentuale radioattiva per affermare che i proiettili all’uranio impoverito non sono pericolosi per il cibo.

Inoltre ci si chiede perché il decreto Sirchia citi anche l’arsenico? E’ a conoscenza di bombardamenti che l’opinione pubblica ancora non conosce?

Al puzzle  della verità mancano senz’altro tessere fondamentali