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(articolo inviato dalla nostra Sezione a La Rinascita della Sinistra e pubblicato nel numero di fine giugno 2003)

L’orgoglio del trattore….da 1600 a 250 occupati: il caso Demm di Cento.

A Cento in provincia di Ferrara, un tempo orgoglioso distretto meccanico, hanno sempre fabbricato trattori….pensate che a Cento in buona sostanza fu inventato il trattore a cingoli grazie all’ingegno di un imprenditore che ha lasciato il  segno, Ferruccio Lamborghini. A Cento e a Pieve di Cento due comuni limitrofi fino a qualche anno fa produceva trattori la Same / Lamborghini poi Hurlingham oggi chiusa e ridotta  ad un cumulo di capannoni vuoti, produceva ingranaggi e componentistica la Fiat Trattori forte di 1600 occupati, poi New Holland e da qualche anno Demm spa (gruppo Graziano trasmissioni, incorporato nel Gruppo Svizzero Saurer ) ad oggi verso i 250 occupati con un campo da calcio di capannoni e piazzali dimessi a disposizione per il  tempo libero. 

Insomma questo distretto in provincia di Ferrara, virtuoso, vivace,  con una identita’ ed autonomia produttiva ben radicata.  ha visto sparire uno dietro l’altro tasselli di storia della meccanica e  sta vedendo ridurre la forza occupati nella piccola e media industria. Eppure nel tempo i dipendenti dell’industria a Cento si sono dimezzati e la Demm rappresenta un ulteriore tassello e non certamente l’ultimo di questo “disimpegno” da un territorio, fiore all’occhiello della provincia, che a dispetto delle sue tradizioni sta scoprendo nuovi settori (edilizia, servizi e nuova imprenditoria).  

Ma torniamo alla vicenda Demm che ha mobilitato la sezione di Cento ad incontrare la Rsu aziendale e a sollecitare l’intervento delle istituzioni per cercare di instaurare un dialogo con il management aziendale. 

La Demm spa acquista l’attività dello stabilimento di Cento dalla New Holland Modena e inserisce di fatto l’opificio di Cento nel Gruppo Graziano, gruppo che, a differenza di quanto faceva il gruppo Fiat, non si occupa di forniture monocommissione e dispone di 9 stabilimenti in Italia (i principali a Rivoli e Bari), oltre a 2 fabbriche all’estero (una nel Doncaster-UK e una in India). E a Cento che succede dopo quel cambio di proprietà? Negli ultimi 2 anni sono stati più volte rivisti i tempi e cicli lavorazione seguendo il buon esempio Fiat con l’assunzione di diversi operai con contratti a termine. A febbraio 2002 su minaccia di Cassa Integrazione la direzione lamenta un 20% di sovraorganico a pochi mesi dalle assunzioni…La RSU accetta un anno di impegno di 1 ora di straordinario tutti i sabati per dimostrare disponibilità alla azienda e alle esigenze di efficienza dettate dal contratto aziendale. Nel frattempo per "saturare" Bari (540 addetti ad oggi) e le altre sedi, sono stati sottratti a Cento 60 "pacchetti di lavorazione". 

In tali aziende - come anche a Torino - è stato accettato il "salario di ingresso".  A Cento rimane il lavoro “povero” di torneria. Ad Aprile la paventata chiusura dello stabilimento di Carr Hill rientra poiché i sindacati locali accettano di lavorare due ore alla settimana non retribuite, e rinunciano all'adeguamento del costo della vita per 2 anni. Vista la possibilità di costi del lavoro più bassi Cento viene depauperata di ulteriori lavorazioni portando il fatturato ad un previsionale in calo del 40% con spostamento delle commesse povere per 5 mln di euro sull’opificio indiano. Questa riduzione "indolore" si attuerà con il mancato rinnovo di 23 contratti a termine in scadenza (alcuni a fine luglio), con 10 pensionamenti,  con il blocco del  turn-over e la chiusura a fine commessa di una ulteriore linea che necessiterebbe di investimenti per implementazione e modifica. Cento si ridurrà a 250 dipendenti permettendo alla dirigenza di  attuare un piano probabilmente difficile da proporre a Rivoli, Modena o Bari….sicura di trovare meno ostacoli per lo meno politici.

Questa vicenda se ce n’era ancora bisogno dimostra che il diritto al lavoro e’ sempre meno tutelato non solo per lo status di precario perenne che si vuole introdurre, ma anche per il criterio del massimo ribasso che si sta applicando con il ricatto della chiusura alle contrattazioni aziendali.

Ci preoccupa, oltre che il futuro dei lavoratori Demm, il fatto che nessuno parla concretamente di dialogo, di ritorno alla concertazione, di programmi condivisi non solo con i soci esteri  ma anche con le istituzioni, con le forze sociali e con gli operai. La condivisione degli obiettivi porta al raggiungimento dei medesimi, la minaccia porta prima o poi alla devastazione del patrimonio e della cultura e della filosofia di una azienda….se ancora di filosofia e cultura aziendale possiamo parlare in questo periodo.

La Crisi Demm (che parte comunque anche da scelte lontane) e’ se paragonata alla crisi Fiat e dell’indotto torinese sicuramente una goccia nel mare dei problemi dei lavoratori in Italia, ma ci premeva portare questo esempio come diffusivo di una sotto cultura nei rapporti azienda/istituzioni/lavoratori che si sta imponendo nel quadro della piccola e media impresa italiana.

Sez. di Cento Pdci